La Madonna del Cencio
Siena
portava con sé i colori della sera, arancio, oro e ocra che andavano spandendosi
sull’arena di Piazza del Campo, come onde languide, allungando le ombre dei
palazzi, in quell’ora più luminosa prima del tramonto. A Siena la magia si
avverte nell’aria, in certi giorni, si cuce con il filo d’oro a ricamare il
“cencio” per il giorno del Palio, si infila svelta nell’orlo scucito della notte
delle Contrade, e ogni finestra esala il respiro, lo trattiene, spira
nell’attesa.
Michela
e Thea camminavano per i vicoli che andavano animandosi di figuranti in
broccati e velluti, vestendo una pagina dal sapore medievale, di tempo andato,
di salto nel vuoto, di antico e sempre nuovo come un miracolo rinnovato.
I
tamburi scandivano i passi, erano lo scorrere inesorabile dei minuti sulla
torre dell’orologio, erano il cuore di Michela in quella notte che precedeva il
palio.
Il
palio a Siena è una cosa seria, è fatto di diatribe violente, di confini
invisibili ed inviolabili, di litigi, di accordi segreti, di incontri
nell’ombra, di mercenari, di vendette, di amicizie, di rivali, di simboli, di aneddoti,
di fantini e di cavalli, anche.
Michela
spiegava a Thea le regole di quello che si prospettava essere l’evento più
atteso, il giorno più bramato e pianto, mentre bevevano latte di mandorle
sedute in un caffè all’aperto guardando la processione dei figuranti.
A
Siena ci sono contrade rivali e non c’è pace, non c’è amore, non c’è salvezza.
Aquila
e Pantera. Contrade nemiche.
Michela
e Giulia. Contradaiole rivali.
L’una
dell’Aquila, l’altra della Pantera. Entrambe innamorate del Capitano della
Pantera. Lui innamorato di Michela pur sapendo di appartenere a due mondi
diversi, come l’eterno amore che racconta storie di famiglie in altre terre, su
altri balconi.
Giulia
vestita da nobildonna, figurina sfuggita al gioco del corteo, madonna
rinascimentale.
-Michela.-
-Giulia.-
-La
tua contrada non corre, mi pare.-
-No.
Infatti. Accompagno un’amica americana.-
-Buona
sera.- disse Thea.
Giulia
si avvicinò a salutare Michela: le mani che si stringono e poi il bacio sulle
guance.
Pantera
e Aquila ai canapi di partenza cercando il giusto ordine richiamato dal Mossiere.
L’amore
mescola i cuori e la Sorte non conosce i colori delle contrade.
Il
Capitano della contrada della Pantera
promesso alla Madonna del Cencio e il cuore trafitto dagli artigli dell’Aquila.
Thea
le osservava.
Giulia
e Michela alla curva del Casato, al primo giro di piazza, affiancate, rivali,
innamorate di belle speranze.
Curva
di San Martino: Thea trattiene il fiato sa che lì possono cadere i fantini e un
cavallo scosso può vincere lo stesso.
La
passione fa correre la gara, il Fato decide il gioco, l’amore? Sì l’amore, si
domanda Thea, che posizione occupa in questa equazione?
L’incognita
e la velocità. Fratto tempo?
Davvero
vince il più veloce? L’amore quali regole sottende?
Secondo
giro di campo.
Michela
e Giulia, gli occhi negli occhi. Poi qualcosa muta alla seconda curva del
Casato, Giulia abbassa la testa, dolorosa e sofferente, rialza lo sguardo dove
Michela pesca lacrime non piante e la Madonna del Cencio diventa Madonna
Addolorata e trafitta come certe statue il venerdì santo in processione.
Ave Maria
gratia plena,
ora pro nobis
Curva
di San Martino.
Thea
assisteva, immobile, a uno scontro di cui ignorava le regole, ma ne avvertiva
l’ancestrale lotta che si fa istinto di sopravvivenza, grido di lontanissimo
eco. Richiami di rondini, volo d’aquila.
Per
un attimo sospesa tra la folla, i figuranti, le luci dei lampioni, le voci dei
bambini, i tamburi.
I
tamburi sono il cuore di Michela.
Il
Palio è la giostra medievale, è il gioco della Sorte che regge le regole del
mondo.
Terzo
giro di piazza.
Lo
sguardo di Giulia a Michela: la trafigge, ma ne muore.
I
cavalli delle altre contrade le raggiungono alla curva del Casato, le doppiano
a quella di San Martino. La folla scomposta nei vicoli.
Il
Palio è perso.
Giulia
raccolse tutto il peso del dolore, agnello sacrificale, tempio sconsacrato,
discesa agli inferi, rosario consumato, ultimo grido di cigno che muore.
Occhi
allungati verso il basso, prossimi al pianto, vita che passa in quei tre giri di
campo, speranza che soccombe, tristezza infinita, i tarli a ricamare il velo
della sposa, guizzo di rabbia, disperazione arresa, di chi sa. Sapeva tutto
eppure andava incontro al suo destino, Madonna del Cencio, donna promessa,
cuori promessi.
Ma
il Capitano della Pantera amava la donna dell’Aquila.
Tutto
era finito, inesorabilmente terminato.
Giulia
si allontanò. Il giorno dopo si correva il Palio.
Michela
domandò a Thea: -Vuoi comprare qualche souvenir?-
-Sì,
i fazzoletti dell’Aquila e della Pantera.-
Così
avrebbe raccontato la più bella storia d’amore a cui aveva assistito, testimone
della tragedia più grande.
Si
sarebbe seduta con le sue nipoti nella grande casa del Maine, vicino alla
finestra, avrebbe raccontato il Palio con quei due foulard come fossero
marionette.
La
Madonna del Cencio, l’Aquila e la Pantera. L’amore in fondo era un giro di
piazza.
E
i tamburi. I tamburi erano il cuore di Michela.