giovedì 11 dicembre 2008

Pinturas. Oil on canvas



Al MoMa c’era una mostra itinerante e il pittore se stava seduto a terra con le gambe incrociate su una stuoia in smidollino chiaro. Pareva uno di quegli incantatori di serpenti che ti trovi davanti in certi bazar e mercati all’aperto viaggiando verso oriente.

Cercatori di perle

Dalle vetrate scure si intravedevano i grattacieli e la vita che scorreva attraverso le finestre.

Olio su tela, due mani a sorreggere il mento, allungato e un po’ triste di due occhi che frugavano oltre me, come se dietro ci fosse il vero interesse dello sguardo.

Pezzi di vita, scampoli di un normale presente con la messa a fuoco sbagliata, uno di quegli scatti che ti sfugge, mentre non pensi, non inquadri. Colpendo in pieno un sentimento. Qualcosa di Roma, distratta madrina di una sera di Novembre, o forse sullo sfondo il chiarore di certe vie di Montmartre.

Così una manciata di attimi a ricomporre un vita. E due mani a riscaldarsi o a celare un volto. Forse solo a nascondere uno sbadiglio.

Cacciatori di perle si raccontavano aneddoti su alligatori albini nelle fogne di New York

Canovaccio sgualcito e macchie di colore. Pinturas. E il lamentoso intercedere ritmico di un flamenco. Comprare una rosa sulla Rambla e andare a letto quando l’alba incalza.

Dipingere così, imbrattando il presente per renderlo irriconoscibile, salire la scala mobile della metro e trovarsi trapiantato a Central Park.

Questa sera hanno acceso l’albero di Natale davanti al Rockfeller Center. Come accade da un po’ di sere ormai. Volevo raccontartelo, mentre passeggio sulla Quinta e penso che stasera andrò a cena nel Queens.

Stretto nelle mani il volantino che racconta una mostra itinerante. Pinturas. Qualcosa di buono per essersi guadagnato una sala a New York. Ma tu lo sai bene, sfondi solo se passi da queste parti e se qui rimani appeso alle pareti. Abbastanza a lungo per diventare storia contemporanea. No il nome ora mi sfugge, ma è un artista indiano. Un orientale. Lo sai che però ho un debole per Pablo.

Picasso aveva un debole per Parigi

Qualche vecchia foto, cartoline scritte con un inchiostro spesso ma senza sbavature, quello che la clemenza del tempo aveva lasciato. Di loro due. Li incontrai a Parigi. Poi ne persi le tracce.

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