A proposito di Parigi Dakar fermo posta Hotel de Ville
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Parigi – Dakar
Fermo posta Hotel De Ville
Cristina Cardone
Edizioni R.E.I.
Euro 10,00
E dentro c'è una vita: la tua.
Ci sono persone che sottraggono pezzi alla vita, e li spargono per il mondo. Come fossero gocce di profumo.
Fotografie, a volte. Come nel caso di Robert Doisneau.
Qualcuno non sa nemmeno chi sia, o almeno questo crede. E sbaglia.
Qualcuno
sa bene chi è, e si ricorda altrettanto bene la foto di un bacio, con
Parigi sullo sfondo: l'hotel de Ville. E anche sbaglia, perchè l'Hotel
de Ville non è lì, dove a tutti sembra di vederlo. Lì dove tutti
giurerebbero indicandotelo che sei pazzo a negarne l'esistenza. Ma
l'Hotel De Ville non c'è. O almeno non è dove Doisneau l'ha immortalato,
in una immagine che ha fatto il giro di tutti gli occhi e i cuori del
mondo. Quella stessa immagine che è stata vista almeno una volta nella
vita anche da chi crede di non conoscere Doisneau, e che ora
esclamerebbe: “Ah, quella! Bellissima...”.
Doisneau il fotografo.
Aveva
la capacità di vedere, materializzare e rendere condivisa una grande
emozione, che a guardare quella foto non veniva evocata, ma addirittura
vissuta per la prima volta da chi la osservava: una emozione che fino ad
un istante prima non conosceva.
Lui, il fotografo Doisneau, aveva sottratto un pezzo alla vita, e lo aveva sparso per il mondo come fosse una goccia di profumo.
Era
ciò che amava fare, e non sapeva nemmeno fino a che punto sarebbe
riuscito a racchiudere il mondo, in quella immagine. Perchè il punto non
c'è. Diventa infinito. La materia fotografata, superata una certa
soglia di bellezza, ritorna mondo: ed è più bello di quanto lo era.
Doisneau
non sapeva, infatti, che l'Hotel De Ville è un punto di incontro per le
anime, e che ognuno di noi ha il suo. E vi dirò tra poco perchè.
Intanto ho fatto un viaggio.
Un
viaggio bellissimo, iniziato alle prime righe di un libro, titolato
Parigi – Dakar, nel quale Cristina Cardone ti investe con una folata di
vento caldo e profumato non appena lo apri:
“Se non dovessi tornare
sappiate che non sono mai partito
il mio viaggiare è stato tutto un restare qua,
dove non fui mai”
Ed inizia qualcosa che, sin da subito, non è leggere.
Inizia un percorso, un cammino.
E non ti rendi conto, che quello che hai iniziato è il viaggio.
Un
viaggio bellissimo, che ti impone – pian piano – il suo tempo, i suoi
rumori, i colori, e soprattutto il suo vento. Dopo poco, ti rendi conto
che Cristina Cardone ti ha portato nel deserto.
Quel
deserto bellissimo, quello del viaggio vero, che non è partire e non è
arrivare. Perchè il viaggio è invece, esattamente, come lei lo descrive:
“Il viaggio è quello che sta in mezzo. Per compiere quel viaggio a volte serve una vita”
Cristina,
come Doisneau, ferma un frammento e lo riporta tra le righe,
restituendolo intatto ad ogni passo di questo suo transfert narrativo,
che a poco a poco diventerà il tuo. In un mare sconfinato di
suggestioni, e insiemi di parole (non frasi) che incantate sgretolano il
passato e tutto quello che hai intorno, l'autrice riesce a farti
ritrovare con la sabbia sulla giacca, mentre attraversi il deserto
insieme alla vita di due giornalisti nella esperienza di viaggio più
intensa e affascinante che esista: la Parigi–Dakar.
E
poi un luogo: l'Hotel De ville. Un luogo che non c'è, perchè che è
dovunque due persone decidano che sia, stabilito per convenzione e
deputato ad essere depositario dei biglietti che si scambiano per
comunicare. Capisco, ora, che l'Hotel De Ville è dovunque, e che ognuno
di noi ne ha uno. E' uscito dalla foto di Doisneau, e si è sparso per il
mondo: come fosse una goccia di profumo, polverizzato, impalpabile e
suadente.
La storia è avvincente, ma per il cammino che fai. Ed è cosa rara.
Davvero ti sembra di esserci, e di cogliere le sfumature, e i cambiamenti che stanno per arrivare.
Cristina scrive:
“Solo chi vive il deserto sa riconoscere le inflessioni del vento”
E
siccome questo è vero, e mentre leggi - tutto ma tutto questo - lo
senti, allora comprendi: sei in pieno deserto anche tu, e ti ci ha
guidato lei.
Tante, le cose che ci sono dentro, in
questo testo che percorre quella pista inventata da un uomo che si
chiamava Thierry Sabine. Quello stesso uomo che:
“Quando sorvolava con l'elicottero la corsa sembrava Dio che segue il suo popolo nel deserto”
Quella
gara, in cui non si vince contro gli altri ma si ritrova sé stessi, o
ci si perde per sempre. Che parte a gennaio dalla Parigi di Doisneau e
che termina in una incantevole Dakar. In quel Senegal pieno di luce e
colrori, dove tra i mercati sandaga e soumbedioune chi c'è stato, come a me è accaduto, respira l'anima dell'Africa e i sorrisi di chi non ha nulla, e quando ti saluta ti dice “Jaam nga am?” (hai pace, tu?).
Chi non c'è mai stato, invece, ci sarà attraverso queste pagine
Niente altro ho da dire all'autrice, adesso, se non “mi hai davvero stupito”.
E grazie, per il viaggio. Perchè non è solo un libro: è un emozione, da provare.
Qui dentro c'è tutto, per chi sa vedere.
Nicky Persico
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