Ko-hi-noor, il Mare di Aral
Nel 1960 il mare di Aral era ancora uno dei più grandi mari interni del mondo.
Oggi la superficie del mare è ridotta, l’ecosistema è gravemente perturbato.
La popolazione soffre di malattie e fame.
A Muinaq le navi giacciono sulla sabbia, il vento porta alla bocca il gusto del sale.
Aspetto.
Tardi, sulla caduta del cielo all’orizzonte, ecco la tua ombra.
La mia mano a piagarsi sulla corteccia ruvida del tuo difenderti.
Le tue dita a ferirsi tra i cristalli delle mie lacrime,
il mio non arrendermi.
E’ nuvoloso
il tuo parlare oggi,
arresa piango.
In temporale
gli occhi, le lacrime
sono ko-hi-noor.
Ruga di sale a vestire la pelle.
Sono il mare di Aral, e porto in secca il tuo passare.
Tornerai marea e scopriremo nuovi diamanti,
di mattini di pioggia.
Lacrime, come kohinoor.
Forse in ginocchio, davanti a tutti i nostri ieri,
rotolati su qualcosa come il perdono,
che lascia in cenere questo passare.
La notte.
L’amore, mai per sempre
e
forse senza domani,
di un mare esasperato e ridotto a stagno di lacrime e sale.
Sei il mare di Aral,
quel deserto di navi in secca,
sull’ultima onda dell’incompleta variabilità
del tuo negarti,
un pezzo di noi tatuato sulle labbra,
sbavate di parole non dette.
Di due mani, un domani,
Aral ha solo ieri e lacrime di sale.
Ko-hi-noor,
hai
pioggia negli occhi.
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