Recensione di: Parigi, senza passare dal via Francesco Forlani, Laterza editore
A Parigi gli
studenti sono l’anima bianca della città, sono l’eterno maggio francese che
porta in braccio la Marianne come nei paesini del sud le Madonne alle sagre…
Seduta
su una panchina dei Jardin Bioves a Menton, mi rigiro tra le mani il romanzo di
Francesco Forlani, dopo aver letto l’ultima pagina, sottolineato una frase e da
una finestra piove la voce di Zaz, Isabelle Geffroy che canta “Je veux”.
E
se chiudo gli occhi sono lì dannatamente lì, a Parigi, a stringere nella tasca,
un biglietto scaduto della metropolitana, percorrendo Rue des Amours
Impossibles, l’ultima pagina e sorridere, perché sta tutto lì, in quelle mani
fasciate dal tempo che sono la chiave di questo libro e ti senti come certi
viaggiatori ostinati che ancora domandano dove sia la Bastiglia.
-Kaputt! Nada de
nada, rien que dalle!
Francesco
ci racconta Parigi con le regole del Monopoli, tra imprevisti e probabilità,
senza passare dal via. Una sorta di guida turistica dei ricordi, dell’anima. Di
chi ci ha vissuto in un sottotetto a Parigi, due pièces, diviso tra accà e allà. Tra un uè e un oui.
E
ti affezioni presto a Massimo, Patrick, Roger K, Brigitte, Ungaro, Kundera, che
passano per le pagine come sulle vie della città.
L’amicizia,
le parole, quella ricerca delle mot juste. Una manciata di anni, i più belli,
spensierati, maldestri e colpevoli di tanta giovinezza.
E
tutto il cammino per arrivare a pubblicare la sospirata rivista, figlia di
intellettuali, la Bête étrangère, lenzuolo dove scrivere in sanscrito il
proprio pensare.
Nella libreria
di Aurélien siamo in dodici come gli apostoli e dentro il pacco la rivista come
un Cristo.
E
quando si trova un maestro bisogna seguirlo. Questo romanzo di Forlani è la sua
sindone, il sacro lino dove sono impresse le parole, vergate con mano non solo
di chi scrive, ma di chi sa scrivere.
Malinconia
sottile, come brume nebbiose che salgono dalla Senna mentre l’autore ci porta
di qua e di là, attraverso gli arrondissement, come chi ha la chiave giusta per
aprire tutte le porte.
Così
ancora una volta mi ritrovo da Montmartre a Montparnasse ad andare a piedi.
In
questa filosofia di vita, di amici che passano e lasciare Parigi è come
lasciare gli anni migliori che uno ci ha passato.
Qu’est-ce que c’est
ça?
Una
malinconia, lo spleen, quella visione di Parigi dei bei tempi andati, che è ben
tratteggiata in Festa mobile. La povertà
di una stanza appena scaldata, di una casa piena di libri, delle pagine di un
libro fumate come la vita.
Leggi
e cammini per Parigi fino a trovarti davanti a un cartellone, di quelli per
indicare i monumenti ai turisti: Vous êtes
ici e capisci che la tua vita, il
tuo destino sono nelle tue mani, che una zingara ti ha letto un giorno
le linee sui palmi, affidandoti una strada. Non bisogna voltarsi indietro.
Nemmeno per la rincorsa. Anche da soli, anche quando gli amici se ne vanno.
Davvero non c’è
nulla che possa alleviare il dolore della perdita di un amico vero in un
universo che sembra parlare una sola grammatica gremita di faux amis, et
pourtant.
Sono
arrivata alla fine, sulle ali della bella leggenda metropolitana di Chiunque
cerca chiunque, duecento copie prenotate e consegnate. Poi il salto, la storia,
le pagine di carta. Il vento le fa muovere, ora su questa panchina e le porta
dovunque.
Compro
un biglietto a Gare du Est. Perché è Parigi, senza passare dal via.
Qu’est-ce que c’est
ça?
La
Bête étrangère
1 commento:
Bella recensione! Condivido tutto, il romanzo di Francesco Forlani è un libro che fa sognare nella realtà. Sono stata una dei destinatari delle duecento copie di "Chiunque cerca chiunque". E sono davvero contenta che dalla tiratura limitata delle copie di facebook, sia venuto fuori questo incisivo e necessario romanzo "Parigi, senza passare dal via".
Ciao
Monica
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