sabato 12 dicembre 2009

Da Montmartre a Montparnasse andavamo a piedi

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La sensazione di trovarsi in viaggio la si prova già dal titolo e le scarpe in copertina promettono che si andrà a piedi.
Atmosfera intima di un viaggiarsi dentro che l’autrice crea “mettendo in tavola” ingredienti semplici sempre conditi da un pizzico di esotico, ma anche quel buon sapore di trovarsi a casa in ogni angolo del mondo.
Non è un viaggio di scoperta, non è la lunga ricerca di Itaca, non sono cartoline, queste pagine rappresentano la scenografia ideale dove attori ignari si trovano loro malgrado ad essere osservati e fotografati dall’occhio attento di chi scrive.
Una frase, un abito, un gesto e si aprono storie in un caleidoscopio di luoghi.
Piazze, città, lidi esotici si alternano, si affacciano per lasciarci in bocca il gusto di un caffé, il sole sulla pelle e la consapevolezza di essere andati molto lontani per trovarsi la sera stanchi.
Ma questo è il prezzo, in fondo Montmartre e Montparnasse non sono così vicini.
Viene facile domandarsi ancora se sono le persone a rendere speciali i luoghi. Sì, Parigi, ad esempio, può essere tristissima se vista con la persona sbagliata.
In questo libro ogni posto ci lascia con la dolce malinconia di averne assaporato l’essenza.
Come l’aroma di un buon vino che aleggia sul fondo dei bicchieri dopo una festa.

venerdì 11 dicembre 2009

Christmas Tree. Pattinando al Rockfeller Center



La Grande Mela ha un cuore che per Natale si veste di magia. Le bocche si fanno fumo, le mani nelle tasche e improvviso si veste di luce l’albero di Natale a Rockfeller Center. Perpetuando quello che è per davvero il miracolo della 34th Strada.

Ci sono posti che ci restano addosso come un vecchio maglione, comodo, cucito sulle nostre passioni, così è New York per Martha Gilbert.

Grand Central è affollata come sempre, vestita a festa, di un tempo fatto di attesa. Mentre i treni si alternano e il tabellone di arrivi e partenze scandisce il presente. Di chi è già andato via, ma lascia nell’aria il gusto di un bacio.

Andrè la sorprende sempre, con l’aria malinconica di chi è solo di passaggio, senza radici. Come un albero di Natale che per un po’segna il passo nelle nostre vite, il quarto di secolo di un momento.

Le mani a scaldarsi sui bicchieri di Starbucks, al ritmo di un jazz ancora nelle orecchie, ascoltato a Central Park, la musica della terra, di ogni angolo di questa città che ti racconta favole nuove, ad ogni angolo di via.

Per mano sulla Quinta, nel fiume di persone riflesse nelle vetrine.

Si pattina sulla pista del Rockfeller. Giri di valzer come in una corte viennese, di un tempo antico.

“Ieri hanno acceso l’albero di Natale”

“Lo so. Ci pensavo. A migliaia di chilometri da qui. Le tue mani nelle mie, nelle tasche del cappotto”

Martha sorride. Pensando che la magia è la stessa ogni anno solo lì.

Che pensare a quell’albero che si accende da Parigi o da Milano, è come guardare una cartolina.

Che se ti allontani e da una finestra di una casetta del Queens guardi lo skyline di New York, mentre una busta di plastica agitata dal vento porta la scritta I Love NY, non è la stessa cosa. L’alchimia di quel luogo è solo lì. Ed esserci è sentirsi addosso questa città, come un maglione caldo, come due mani nella tasca del cappotto, come scoprire un angelo, dietro una sciarpa di lana.

E far nevicare da una sfera di vetro. Agitandola.