giovedì 25 novembre 2010

Havana Club


















Prepara le carte e le cerate che ce ne andiamo via da questa terra. Metti nel sacco un anejo, uno jen jen imbalsamato e una foglia di tabacco. Stacca quel ritratto del Che e regalalo a un turista, ora che solo un souvenir resta del sogno socialista.
R. Goracci

L’autunno stava appeso ai rami neri degli alberi come un ultimo frutto maturo sotto la pioggia battente mentre il silenzio si accompagnava tra le vie strette dei vicoli del centro, tra le case vecchie e muri color pastello che colavano il rimpianto coloniale. Odore di sigari.

Il trolley camminava docile nella mano bianca.

La bocca si faceva di fumo.

La porta del locale cigolò nell’aprirsi, i pochi avventori sollevarono lo sguardo distratto. Le pale del soffitto muovevano l’aria umida. Un complessino nell’angolo accordava gli strumenti.

Il rum nei bicchieri aveva il colore caldo di un abbraccio. Quel sapore caldo di un paese orgoglioso, di uomini curvi a tagliare la canna da zucchero, di sere a spiare la luna tra le palme.

“Ho ordinato anche per te” disse lui a giustificare i due bicchieri.

Lei spostò la sedia, appese il cappotto e l’ombrello.

Appoggiò il viso tra le mani e sorrise. Come certe Madonne dietro gli altari.

Sorseggiarono il rum nei bicchieri.

Quando uscirono della pioggia restavano solo le pozzanghere, mentre il mare allungava le sue onde sul Malecòn.