domenica 23 dicembre 2007

T'amo da morire al Romanzo di thè





Cristina Cardone e Maurizio di Credico presentano Zucchero e cannella e Benvenuti a Castleville

Bari

03/01/2008
"Romanzo di thè" book bar Via Principe Amedeo 122 ore 20,30

martedì 18 dicembre 2007

Buon Natale-Bon Noël a Tutti!



Coloro che amano i gatti che non fanno neppure le fusa,

o che sono magri e stanchi e molto vecchi, si chinano

su di loro per strada e gli accarezzano il pelo e gli

grattano le orecchie e gli lisciano il petto, e gli

prendono le zampe, e guardano nei loro occhi d’oro.

Francis Scarfe






Mon beau sapin

Chant de Noël traditionnel

Mon beau sapin, Roi des forêts
Que j'aime ta verdure!
Quand, par l'hiver, bois et guérêts
Sont dépouillés de leurs attraits
Mon beau sapin, Roi des forêts
Tu gardes ta parure.

Toi, que Noël planta chez nous
Au saint anniversaire
Joli sapin, comme ils sont doux
Et tes bonbons et tes joujoux
Toi, que Noël planta chez nous
Tout brillant de lumière.

Mon beau sapin, tes verts sommets
Et leur fidèle ombrage
De la foi qui ne ment jamais
De la constance et de la paix
Mon beau sapin, tes verts sommets
M'offrent la douce image

(Canto tradizionale francese)








venerdì 14 dicembre 2007

Tropico del Capricorno





“Quella mattina ho pianto.

Ho pianto perché amavo quelle strade che mi strappavano ad Henry e che mi avrebbero ricondotta da lui.

Ho pianto perché diventare donna era stato difficile e doloroso.

Ho pianto perché da allora avrei pianto di meno.

Ho pianto perché non provavo più dolore

e non mi ero ancora abituata alla sua assenza.” Anaïs Nin

Parigi era avvolta dalla nebbia e il sole era un disco bianco in un cielo plumbeo, incolore.

Anaïs camminava stretta nel suo cappotto, ritmo di tacchi sui marciapiedi, girando pagine di storia, evocando il rumore di ruote dei carri sul selciato. Voltando pagina.

Le foglie sugli Champs Elysées erano morte. Definitivamente. Bagnate d’umidità non scricchiolavano più sotto i piedi, ma attutivano i passi.

Si bemolle.

La nebbia, era scialle di fumo, dalle bocche delle fontane, sulle labbra dei passanti; sigarette a metà.

Camminava, i capelli scivolavano morbidi in una carezza, o uno schiaffo al tempo, come il passato sfilava dai ponti e sotto le arcate gli anni facevano muffa.

Consumò un paio di scarpe quella sera a Parigi. Passando per il Tropico del Capricorno.

Parigi, i suoi passages couverts, i boulevard, i café all’aperto e tazze di brina come panna montata.

Salì le scale nella luce fioca.

Gli abiti un pezzo alla volta sul pavimento, i passi nudi e il rumore di gocce.

Alzò il viso verso il getto, lasciandosi avvolgere, pensando che lui era nella stessa città, mentre l’acqua lavava via il suo piacere, scivolando tra le gambe. L’acqua.

Eau de Paris.

L’amore da durare il tempo di una sigaretta e poi mai più.

Mai più.

Mai più.

Mai più.

Mai più.

Ancora.

Ancora.

Ancora.

Riprendeva la musica di carillon, sfumava la nebbia come sipari a teatro, tra il primo e il secondo atto, alzando gli orli alle gonne, di una nuova moda, presto a venire.

La città stava muta nel riverbero del tramonto, sotto la carezza leggera delle campane da l’Ille.

I semafori lampeggianti a strizzare l’occhio al buio, mentre un grillo cantava, aveva un do diesis per le mani.

Di bronzo gli scalini della torre dal Campo di Marte, notti di guerre clandestine, come amanti, dietro a un portone, nel mantello notturno, darsi così mentre le risate arrivavano soffocate dalla strada, da fuori, dalla vita.

Genuflessi al piacere e freddo tra le gambe, di un inverno parigino, eretico ed erotico.

Far l’amore così come su arazzi di Claude Audran.

Sì l’avrebbe fatto anche lì, nella trama e l’ordito di antiche scene epiche.

Vinti.

Sui campi elisi.

Di nouvelle mélancolie.

-Sono la tua scrittrice preferita?-

-E io sono il tuo soggetto preferito?-

-Toucher-

Tovaglie di fiandra apparecchiate di lavanda, e il Jules Verne era solo un ristorante.

Ricominciarono da un caffé, girando gli anni come le piazze e pagine di storia.

Mescolando fondi di caffé e avanzi di monete straniere.

Le montagne sull’orizzonte ferivano le nuvole.

Nevicava zucchero sui Boulevard e i suoi capelli si confondevano nell’orlo scucito del cielo.

Fermando carrozze a Versailles.

Bruciando in roghi alla Bastiglia.

Narrando nuovi amori, figli di vecchi amori consumati nell’ombra di una Parigi più povera, fatta di mimi ed artisti, di sesso e scarafaggi, attraversando in una notte o due il Tropico del Cancro.

Il sesso era solo una droga.

Comprando tulipani al mercato di Montmartre, tra rose di Gerico e Rosa croce, nel nome del Padre.

Poi la notte, nera come carbone, fuliggine di pioggia, a Pigalle le ballerine erano nude sotto gonne di taffettà.

Sipario, sipario.

Volo di colombe a sbattere le ali, come applausi.

Applausi.

Per un Macbeth recitato sulla strada, la notte della prima.

L’ultima cena. Con Andy Warhol.

Mettendo in ordine i pensieri come file di rosse formiche.

Lui.

Lasciato in croce, su rami d’ulivo, la domenica delle Palme. A Galizia.

Non qui. Non di questo tempo. Imperfetto.

Parigi mon amour.

-Che c’entra l’amore adesso?-

-C’entra. C’entra-

Uno sparo.

Sinistro, senza eco, a trafiggere un cuore.

Solo un buco, per le tele di Fontana.

Stanno chiudendo il MoMa e una voce avvisa di avvicinarsi all’uscita.

Che strana Parigi, vista da Manhattan, attraversando il Tropico del Capricorno.

In una notte, o due.

( A Henry e Anaïs, da qualche parte)