Aspettando interviste dal lago Rosa. Il vangelo della Dakar secondo Sabine
Si
partiva a Capodanno.
Quando
Parigi aveva su il cappotto dell’inverno.
Me
lo immagino Sabine a Place de la Concorde, come un bambino la mattina di Natale:
il giocattolo tanto atteso, e, come spesso accade, senza libretto di
istruzioni.
Thierry
ha forgiato nel fuoco un logo, il solo pronunciarne il nome evoca immagini
epiche.
DAKAR
DAKAR
Avete
sentito?
Che
siate seduti al bancone di un bar, o ascoltiate la radio, o in mezzo a una
strada, ditemi, ditemi se non è così? Alla parola Dakar so cosa è successo. L’avete
visto il deserto? Quell’esodo di mezzi tra i più disparati, moto, auto, camion…
nuvole di polvere, fatica, imprese incredibili.
Il
vangelo secondo Sabine. Lui, che quando sorvolava la corsa con l’elicottero,
sembrava Dio che segue il suo popolo nel deserto.
Una
maledizione, un sortilegio, un’alchimia.
Sì
una stregoneria, come quel gris-gris
donato da un Tuareg che lo salvò la prima volta dal deserto.
Nessuna
altra parola al mondo ha un potere e un peso evocativo così grande.
La
gara, l’Africa e poi la spiaggia.
Una
firma sulla sabbia per dire: “io c’ero”.
DAKAR
DAKAR
Sentite?
“Bisogna
imparare a cavarsela da soli”.
Una
partita a scacchi con il destino, a fare il verso alla morte, anche.
Per
poter dire: “io c’ero”. Allora come oggi
E
la Dakar parte ogni anno.
Vi
aspetto, dal 2 Gennaio nella cornice ideale del lago Rosa per raccontarvi i
piloti, gli sponsor, gli organizzatori. Interviste dal lago Rosa.