martedì 3 gennaio 2012

La terza luna

A Lea e Gilda

Ci sono giorni fatti apposta per essere cuciti su di noi come una seconda pelle.

Il cielo era azzurro e il sole colorava di rosa le torri egli alberi di baobab, il mare era immobile e portava quell’aroma fatto di alghe e salsedine.

Me ne sto appoggiata al balcone, avvolta nel mio pullover preferito, come le maniche troppo lunghe e una tazza di caffè in mano.

Sorrido. Pensando a come la vita sia un ballo, un sabba introno al fuoco per cercare di vedere al di là di noi, come in un mondo parallelo.

Quando rientro nella grande cucina Lea e Gilda sono sedute al tavolo.

Gli altri stanno dormendo.

Lea ha ancora addosso il vestito di Capodanno, lo sguardo stropicciato, di chi non vuole staccarsi da quell’attimo che le ha cucito sul viso quell’espressione beata, di chi ha avuto, ma vorrebbe di più.

Guardo Gilda, la mano appoggiata al viso, o il viso appoggiato alla mano, lo sguardo all’orologio, di chi sa che ormai lui non viene più.

Usciamo sulla spiaggia, c’è poca gente. L’oceano si sta ritirando seguendo il corso delle maree.

Io so bene che è necessario un addio e forse le distanze, per potersi rivedere.

Se è vero che l’alternativa è niente, non è tutto, è vero anche che spesso ciò che crediamo sia giusto per noi, non è anche il meglio per noi.

Lea sta parlando al telefono. Continua su quella filippica di bufali e locomotive.

Non è sempre così nella vita. Penso alle rotaie, alla ferrovia che attraversa la savana da Mombasa a Nairobi, a quante volte è successo che i treni si fermassero, a causa di bufali o elefanti sulla strada ferrata.

Tengo le mani nelle tasche, mentre faccio un segno di no con la testa a un venditore di conchiglie, anche Gilda ha poca voglia di parlare. Lea continua a difendere la sua posizione, poi chiude e manda al diavolo il suo interlocutore. È adorabile. Mi guarda come a cercare approvazione.

-Pole.- le dico. Che in lingua swahili significa piano.

Fa un gesto indispettito con la mano.

Ci sediamo sulla sabbia. I daho con le loro vele latine sono in secca. Ma quando tornerà la marea potranno ripartire. Viviamo tutti sotto lo stesso cielo, ma non abbiamo tutti lo stesso orizzonte.

-Può accadere che i bufali si fermino sulle rotaie. Così, senza una ragione precisa. Perché in fondo quella è la loro terra. Le locomotive si fermano. Non deragliano. Così può crearsi un lungo braccio di ferro, fatto di pazienza per chi guida il treno, di istinto per i bufali. Prima o poi si sposteranno e si potrà ripartire. A volte occorre fermarsi e ingannando l’attesa si possono profilare situazioni impreviste, si può avere il tempo di vedere ciò che per la fretta non avremmo colto.

C’è sempre il tempo ripartire.-

Lea non risponde. Gilda continua a guardare l’orologio. Chi si attende non arriva, e chi non si aspettava a volte invece si presenta.

Il destino gioca la sua partita, permettendoci, quanto meno, di lasciare il tavolo, di scartare o deragliare.

Ci sono domande che inevitabilmente restano senza risposta, lo pensavo l’altra notte mentre la Croce del Sud vegliava la terza luna.