venerdì 9 novembre 2007

Bulle de champagne

















Pour l’amour d’une bulle

Lisa era arrivata alle prime ombre della sera, di una notte magica.

L’aeroporto e le valige, poi il bus, le auto, i turisti, e infine eccola, la Tour Eiffel.

Era a Parigi.

La notte più folle dell’anno.

Aveva cercato di non pensare, di non sperare, guardando i palazzi e i monumenti sfilare davanti al finestrino.

I capelli raccolti in un basco bianco, come le sue unghie, troppo corte, troppo poco parigine.

C’era un vociare allegro intorno a lei, a intermittenza i flash illuminavano il buio, cartine della città, e qualche brindisi in anticipo.

Souvenir.

L’autobus fermò davanti a le Méridien.

Lei guardava l’orologio, poi decise così all’improvviso, scese, la sacca a tracolla, le mani in tasca, la bocca che si faceva fumo.

Nei suoi vent’anni, maldestri, inesperti e colpevoli.

Che poi erano venticinque, ma il tempo lo aveva fermato là, in quei cafè parigini.

Cinque anni prima.

Sì, cinque anni prima aveva vent’anni.

Lei era lì per scrivere, lui tornava da una guerra, l’ennesima, l’ultima missione.

Narrano leggende metropolitane che da Montmartre si erano spostati a Montparnasse, e lì si aggiravano, come in sogno, anime stravaganti o raffinate, estete o blasfeme, eretiche o condannate, di poeti e artisti, ballerine e nobildonne, clochard e spacciatori, condottieri e uomini dell’Est.

La sua anima era nata lì.

In una soffitta sulla Senna.

Léonard l’aveva ritratta, vestita, spogliata, in lacrime, stanca e felice.

Colori.

Luci e ombre di quella Parigi a gambe aperte, un po’ puttana, un po’ signora irriverente e stanca.

Forse l’aveva anche amata, facendone dono, presentandola a Pierre, Napoleon, nome in codice.

Lisa si fermò davanti all’Arco di Trionfo, gli Champs Elysées ridevano di luci e lei era ubriaca di gioia e suoni, un’altra notte, l’ultima, forse.

C’era folla, e cominciava a piovere.

Di un pianto sottile, che il basco riparava, appena i capelli, sfuggiti, a incorniciarle il viso.

Davanti a Fragonard si esibivano ballerini sudamericani e l’aria profumava di fragranze provenzali, nipote di quella terra che amava.

Fece le scale di corsa, due gradini alla volta, premendo il dito sul campanello.

Il viso di Léonard non era stupito.

“Napoleon?” domandò.

“Certo, anche per me è una gioia vederti, sto bene, sì…e tu?” la provocò lui.

“Scusa, rifacciamo, ciao, come stai, io bene, allora dov’è Napoleon?” e attraversando la stanza arrivò davanti alla porta del bagno cominciando a spogliarsi.

“Ho bisogno di una doccia, se non ti dispiace”

Léonard scosse la testa, sì, era matta, matta davvero.

Uscì poco dopo con i capelli avvolti in un turbante, scalza, gocciolando acqua.

“Pierre stasera è al Lido, ma sa che sei qua?”

Lisa non ascoltava più, dalla sacca tirò fuori lo smalto rosso e le sue mani diventarono molto parigine.

Uscirono lei e Léonard, per le vie affollate, tenendosi sottobraccio, raccontandosi un po’, mentendo, ridendo, ricordando.

Cenarono all’angolo di una malinconia, anche le candele sui tavoli.

Camminarono lungo gli Champs Elysées, fermandosi davanti alla scritta azzurra del Lido.

Voci e fumo, belle donne e sigari, calici e festa.

Pierre la vide subito, alzandosi scocciato, le mascelle rigide, sorrise a un paio di persone che lo avvicinarono, ma mentre copriva il terreno tra loro due si capiva che era guerra.

“Lisaaa, ma che piacere” disse afferrandola malamente per un braccio e chiudendola contro una parete, spalle al muro.

“Che diavolo ci fai qui?” sibilò.

Poi tornarono con gli altri ignorandosi per cinque minuti.

Fu tregua armata, il resto della sera.

Aggirarsi, studiarsi, colpire per primi.

Rimasero fuori tutta la notte.

Il mattino dopo si svegliò tardi anche l’alba.

Rientrarono a casa di Léonard, solo per litigare.

Si può essere fedeli ad un’ amante?

C’erano ancora molte cose di Pierre, in quell’appartamento, comprato insieme, due amici e una donna.

Lei, Lisa.

Quando era arrivata Napoleon affittò per loro una soffitta a le Tuileries.

La tenne nella sua vita e in quella stanza come un quadro, per quattro anni.

Sfibrandosi, fin all’ossessione di lei.

Troppo lei.

Sfumata, percepita, non definita, l’infinito, questo era lei.

Aveva conquistato terre, non poteva conquistare o possedere un’idea.

Lei era un calice di champagne che va bevuto con tutte le sue bollicine.

Se lasciato lì, svapora.

Muore.

Diventa un vino di terz’ordine.

Il vecchio ascensore scricchiolava, mentre a piedi saliva la vecchia Madame Lora con due baguette, li osservò, salutando Lisa.

“Mona Lisa, è tornata?”

Pioveva.

Attraversarono gli Champs Elysées fin all’obelisco, litigando più volte e facendo pace.

Nei giardini de la Tuileries lui le si avvicinò.

Lei aspettava un bacio, almeno uno.

Lui le tolse un capello scuro dal cappotto chiaro.

Lisa chinò il capo piangendo.

“Compriamo una casa” disse lei.

“Per restare da soli? Dai Lisa sii realista, tu e il tuo lavoro io con il mio, rischieremmo di non trovarci mai”rispose Napoleon.

Lei, gli occhi e la voce di pianto, lo prese per mano correndo verso la ruota panoramica, lui si lasciò travolgere, un’altra volta, una ancora, l’ultima si promise, ubriaco di lei, una bambina le guance rosse e quel sorriso.

Quel sorriso.

Poi entrarono al Louvre e lei rientrò nel quadro.

Sotto c’era scritto: Mona Lisa.

Oggi, il primo gennaio il Louvre è chiuso e lei può piangere senza dover regalare al mondo il suo sorriso.

Quel sorriso.

Che Leonardo dipinse e Napoleone amò.



(Parigi, 31-12-05)






1 commento:

Maurizio Di Credico ha detto...

Te l'ho già detto che sei brava? Credo che ultimamente gli editori siano diventati un po' (troppo) miopi, perchè io una che scrive come te la pubblicherei anche subito... magari un giorno. per ora, pazienza... anzi "patience"!
So che dietro ogni storia che scrivi ci sono significati "altri" da leggere in controluce, persone, attimi, posti. Questa volta non riesco a interpretare tutta la "filigrana" dei tuoi pensieri, non c'ero, ma in questa pagina c'è una forza che trascende la contingenza, una spinta visionaria che vale un viaggio (un altro), e la fantasia di una scrittrice matura. Un quadro, una vita, forse due, e poi il tempo che si piega, e la storia che risplende di un guizzo creativo quasi surreale. Romanticismo, sogno, e un altro tassello di te.