domenica 23 dicembre 2012

Un racconto di Natale: Vigilia di Natale in Via Sparano



C’è una tradizione qui al sud, alla quale non potrò rinunciare e il giorno in cui me ne andrò mi mancherà da morire; è lo scambio degli auguri il giorno della Vigilia di Natale nella pedonale Via Sparano.
Ci si ritrova tutti lì, quel giorno la regola è: “a pranzo non si mangia” in attesa della cena della Vigilia.
Mi sono sempre domandata: ma se stiamo tutti in centro chi sta a casa a cucinare?
In un posto se non ci sei nato non puoi capire, puoi solo provare a raccontare…tra capitone e baccalà, mercati rionali aperti tutta la notte del 23.

In ufficio avevano finito, fatti gli auguri di rito, tagliato il panettone, brindato con bollicine italiane e bicchieri rossi di carta, non restava che tuffarsi nella festa, o almeno in quello che la precedeva.
Lei lo pregò di accompagnarla.
Lui sospirò, prese il cappotto e la seguì verso l’ascensore, raccogliendo gli ultimi scampoli di “auguri” dalle scrivanie, tra zucchero a velo dei dolci avanzati e mezza bottiglia di bollicine da finire.
-Ha anche smesso di piovere.- disse lei quando scesero in strada, trascinati da una folla scomposta e festante. Dove andassero non era dato sapere, scorrevano, come un fiume.
-E dai sorridi.- lo provocò lei. Lo prese sottobraccio con fare protettivo: -Ti salvo io dal Natale.-
Lui capitolò con un sorriso, a lei “no” non si poteva dire.
Il problema era lui. Si rivide bambino quando la sera del 24 rimaneva sveglio ad aspettare l'arrivo di Babbo Natale. Adorava il Natale; quando prese ad odiarlo fu colpa di un coniglio.
Ci sono episodi dell’infanzia che ognuno di noi si porta appresso, momenti belli ed episodi raccapriccianti. Lui trascorreva molto tempo con i nonni e con loro condivideva la passione per le passeggiate, l’amore per la natura e l’allegra voglia di essere utili dei bambini, dando una mano nell’allevamento di conigli dello zio nelle vacanze estive e in quelle natalizie. Nulla di trascendentale, un piccolo allevamento amatoriale di provincia, di chi vuole mangiare sano, una sorta di visione bucolica del cibo.
La tragedia era in agguato quel giorno di Natale, quando sulla tavola fece il suo bell’ingresso uno stufato di coniglio alle olive. Ora, un bambino che viene dalla città, che si porta addosso quella sorta di allergico-a-tutto, che supera le sue paure e per giorni porta acqua e cibo a quei simpatici animaletti dalla pelliccia fulva, dal musetto in perenne movimento, come può reagire trovando il suo “amico”a tavola. Nel senso che lui era il commensale e il coniglio la pietanza.
Uno shock.
E su questo un bravo analista ci avrebbe cucito su una storia tragica, tirata fuori magistralmente dalle pagine di Dickens come un coniglio dal cilindro di un mago distratto.
E come lo aveva ben definito l’autore inglese nei Racconti di Natale: quella sorta di inafferrabilità, di perdita che è il ritorno dello spiritello dell’infanzia “ora una cosa con un braccio, ora con una gamba, ora con venti gambe, ora un paio di gambe senza una testa, ora una testa senza un corpo.”
Nell’equazione dove Scrooge sta allo Spirito del Natale, e la “x” variabile indipendente, per lui era un coniglio.
Per la via tutti si salutavano e si scambiavano gli auguri, non si sarebbe sorpreso a vedere anche le renne.
-Guarda faccio nevicare.- disse lei agitando una sfera di cristallo con la neve finta.
Le sorrise. Già, a lei “no” non si poteva dire. Le sorrise.

Nessun commento: