giovedì 31 dicembre 2020

Aspettando interviste dal lago Rosa. Il vangelo della Dakar secondo Sabine


 

Si partiva a Capodanno.

Quando Parigi aveva su il cappotto dell’inverno.

Me lo immagino Sabine a Place de la Concorde, come un bambino la mattina di Natale: il giocattolo tanto atteso, e, come spesso accade, senza libretto di istruzioni.

Thierry ha forgiato nel fuoco un logo, il solo pronunciarne il nome evoca immagini epiche.

 

DAKAR

 

DAKAR

 

Avete sentito?

Che siate seduti al bancone di un bar, o ascoltiate la radio, o in mezzo a una strada, ditemi, ditemi se non è così? Alla parola Dakar so cosa è successo. L’avete visto il deserto? Quell’esodo di mezzi tra i più disparati, moto, auto, camion… nuvole di polvere, fatica, imprese incredibili.

Il vangelo secondo Sabine. Lui, che quando sorvolava la corsa con l’elicottero, sembrava Dio che segue il suo popolo nel deserto.

Una maledizione, un sortilegio, un’alchimia.

Sì una stregoneria, come quel gris-gris donato da un Tuareg che lo salvò la prima volta dal deserto.

Nessuna altra parola al mondo ha un potere e un peso evocativo così grande.

La gara, l’Africa e poi la spiaggia.

Una firma sulla sabbia per dire: “io c’ero”.

 

DAKAR

 

DAKAR

 

Sentite?

“Bisogna imparare a cavarsela da soli”.

 

Una partita a scacchi con il destino, a fare il verso alla morte, anche.

Per poter dire: “io c’ero”. Allora come oggi

 

E la Dakar parte ogni anno.

Vi aspetto, dal 2 Gennaio nella cornice ideale del lago Rosa per raccontarvi i piloti, gli sponsor, gli organizzatori. Interviste dal lago Rosa.


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