martedì 17 luglio 2007

Mujeres sobre fondo claro








Tra le stanze del Museo di Picasso a Barcellona, leggendo un libro di Simona Vinci, nelle ombre di pomeriggi curvi sulla strada.

"Tu eri la mano che entrava dentro di me come sembrano fare le mani dei guaritori filippini, senza bisogno di bisturi, soltando facendo pressione sulla carne, ma eri anche incapace di gestire quel potere, tanto quanto io ero impotente di fronte all’avanzare delle tue dita dentro i miei tessuti: se ti avessi lasciato continuare sarei morta dissanguata" Stanza 411

Donne posate sulla ceramica
dal tuo pennello, a percorrerne le forme,
quasi casuali, curve e lunghezze,
il movimento fermato per sempre.
Le mani a seccare, mai rughe ad attraversarle,
gli occhi goccia di colore,
per fare il giro del mondo con lo sguardo
prima che la pittura asciughi.
Cos’è rimasto riflesso nell’iride?
L’ultima immagine prima di diventare cieche,
forse le tue mani,
in primo piano su questa fotografia,
nessun anello, nessun legame,
compagna fedele una sigaretta a metà,
cenere gli anni rimasti
e
capelli in stille d’argento
che un mago beffardo osò sfidarti.
Istantanea di chiaro-scuro.
Malaga,
in bianco
e nero.
Mujeres.
Mujeres su sfondo claro,
diafane di pomeriggi accartocciati di lillà,
come lividi sotto la pelle,
ombre pallide, che fanno male.
Le hai dipinte, amate, ammirate,
tutte e nessuna,
non contavano niente
e
lei lo sapeva.
C’è la tua firma, lì, in basso,
quasi tratto distratto.
Che rimane delle tue mani?
Senza fede, senza compagnia,
quei corpi arresi attendono, sulle lenzuola bianche,
che sangue ancora le attraversi.
Pennelli e colori rinsecchiti,
eco di passi scalzi in cucina,
sono rimaste solo loro,
Mujeres su sfondo claro,
ma non racconteranno mai cosa videro,
il segreto è in un po’ di tempera secca
al posto degli occhi.
Ma per capire, bisogna imparare a vedere,
nell’impasto di acqua e fango,
a cuocere creta,
stilla d’argilla,
frantumata dalle mie mani stanotte,
Mujeres su fondo claro, su questo pavimento
in cocci a picco negli occhi,
chiusi.
Ecco, ora chiusi.
Acqua a lavare quel che resta di schegge di polvere.
Acqua e sale a percorrere una via,
dalla virgola degli occhi, al mento,
forse lacrime.
Sicuramente sangue,
dita a ferirsi su tagli sbagliati, di donne,
in cocci sul pavimento.
E tu,
in un altro quadro.
Autoritratto.
Volo ad Est, a comprare il tuo essere uomo,
a pagare mujeres su fondo claro,
il tuo disprezzo.
Il mio silenzio
e
poi, mai più




( Dal quaderno di Pablo Y Ruiz)

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