sabato 5 marzo 2011

La Croce del Sud, da Lamu a Diani sono passati vent’anni


-“Nell’uovo c’è un messaggio per te” mi disse “ma se vuoi leggerlo devi rompere l’uovo”

Sembrava che volesse mettermi alla prova. Non aprii l’uovo. Rimase là per anni e anni finchè una mattina, dopo la notte più lunga della mia vita, ne compresi all’improvviso il significato. E allora non fu più necessario aprirlo.- Kuki Gallmann

Il Palazzo dei Dottula era attraversato dalla luce abbagliante del mezzogiorno e l’eco delle campane pioveva sulle case, per le vie strette, annunciando l’ora del mezzodì.

Margherita si tolse gli occhiali da sole, salì la scalinata centrale, non ebbe nemmeno il tempo di alzare la mano per bussare che la porta si aprì.

“Oh, bene, eccola finalmente” il funzionario la fece accomodare.

Appoggiò una busta sulla scrivania, tossicchiando imbarazzato.

C’era disegnata una margherita.

La ragazza allungò la mano, prese la busta.

“Se non c’è altro avvocato…” iniziò.

“No, solo questo” e la accompagnò alla porta.

Scese le scale, infilò gli occhiali da sole, osservò il fiore disegnato sulla busta scuotendo il capo, poi la ripose nella borsa.

Il traffico dell’ora di punta la inghiottì.

La decisone di partire forse nasceva tanto tempo prima, a questo pensava mentre attraversava la sala dell’aeroporto.

Era arrivato un messaggio. Controllò il cellulare. Lesse. Non rispose.

Seduta di fianco al finestrino guardò la busta, ma decise di non aprirla.

Il telefonino iniziò a squillare. Osservò il nome sul desplay.

Una hostess la avvisò: “Bisognerebbe spegnere i telefoni, stiamo facendo carburante e tra poco chiuderemo i portelloni, sa le disposizioni dell’aeronautica”

“Si, mi scusi” non rispose e spense.

Il volo nella notte fu come attraversare foreste di fantasmi del passato, da Lamu a Diani erano trascorsi vent’anni.

Stropicciata, nell’alba africana, Margherita fu avvolta dal clima umido di Mombasa, giravano lente le pale del soffitto nella sala degli arrivi e lente erano le pratiche dell’ufficio immigrazioni.

Accese il telefono e chiamò suo fratello.

“Sono a Mombasa”

“Bene, buone vacanze”

Il viaggio fino a casa fu l’alternarsi dei ricordi e l’abbraccio dei luoghi conosciuti che le venivano incontro dal finestrino.

Lasciò la borsa in casa. Appoggiò la busta con la margherita vicino alla statua masai sulla mensola e uscì.

Faceva caldo anche se il cielo era coperto.

Arrivò al Mnarani Club di Kilifi, entrò nella grande sala, vide in angolo il vecchio William seduto davanti alla scacchiera.

Si fermò a salutarlo.

Era curioso come in quell’angolo di mondo alcune cose invecchiavano ma erano sempre parte dell’immaginario comune. William era uno di questi, viveva in Kenya da vent’anni.

“Gioca da solo?”

“No, contro me stesso” gli occhi piccoli e chiari brillavano e sollevavano una ragnatela di rughe. “Prego, muova, le concedo una mossa” disse.

Margherita, si sedette, osservò la scacchiera e sollevò lo sguardo: “Comunque muova sarà scacco al re” protestò.

William osservò a sua volta a lungo la scacchiera, da giocatore professionista e parlò con la voce che l’esperienza insegna: “Vede signorina Margherita, è vero comunque muova io farò scacco al re, ma lei preferisce stare chiusa nella torre e non rischiare? Guardi la scacchiera e gli scacchi come rimarranno dopo il mio scacco” e così facendo mosse le figure come al ballo di corte, la notte del Gattopardo.

“La scacchiera è bianca e nera, ma nella vita tra il bianco e il nero passano un’infinità di sfumature di grigi” concluse.

Un cameriere aveva appoggiato due bicchieri di succo tropicale, il profumo quasi stordiva.

Fuori i frangipane si dondolavano nel vento e le mangrovie affondavano le loro radici a bere acqua di mare per lasciare sale sulle foglie.

“Fabrizio è uscito con la barca” concluse William.

Margherita si alzò, scese le scalette sul molo, appoggiò una mano a schermarsi dal sole, riconobbe una vela conosciuta.

La maglietta sbiadita del Marlyn Fishing Club di Diani.

Da Lamu a Diani erano passati vent’anni.

Alzò la mano in segno di saluto.

L’uomo si affacciò a buttare gli ormeggi.

“Non credo che tu sia qui in vacanza, non è il periodo migliore” disse lui.

“No, infatti”

“Era meglio se non venivi” disse scendendo dalla barca scansandola.

Lei lo seguì.

“Hai letto la lettera?” lui.

“No” lei.

Ora poteva muovere lo scacco al re.

La mattina dopo il sole filtrava tra le palme disegnando ombre in movimento sulla parete opposta.

“E’ meglio che torni in Italia Margherita”

“E tu che devi fare? Sono vent’anni che stai qui, pensi che a furia di pescare pescecani Eryn tornerà?”

“Io qui ci lavoro e ti prego risparmiami le tue considerazioni”

La lettera rimase a ingiallire come certi fiori chiusi in un libro a ricordare un attimo.

Le parole sarebbero invecchiate e solo allora avrebbero avuto il giusto tono come campane a mezzogiorno.

La notte era illuminata dalla Croce del Sud, in quel quarto di luna nascente.

Luna di Marzo.

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