lunedì 15 luglio 2013

Recensione di: Parigi, senza passare dal via Francesco Forlani, Laterza editore



A Parigi gli studenti sono l’anima bianca della città, sono l’eterno maggio francese che porta in braccio la Marianne come nei paesini del sud le Madonne alle sagre…

Seduta su una panchina dei Jardin Bioves a Menton, mi rigiro tra le mani il romanzo di Francesco Forlani, dopo aver letto l’ultima pagina, sottolineato una frase e da una finestra piove la voce di Zaz, Isabelle Geffroy che canta “Je veux”.
E se chiudo gli occhi sono lì dannatamente lì, a Parigi, a stringere nella tasca, un biglietto scaduto della metropolitana, percorrendo Rue des Amours Impossibles, l’ultima pagina e sorridere, perché sta tutto lì, in quelle mani fasciate dal tempo che sono la chiave di questo libro e ti senti come certi viaggiatori ostinati che ancora domandano dove sia la Bastiglia.

-Kaputt! Nada de nada, rien que dalle!

Francesco ci racconta Parigi con le regole del Monopoli, tra imprevisti e probabilità, senza passare dal via. Una sorta di guida turistica dei ricordi, dell’anima. Di chi ci ha vissuto in un sottotetto a Parigi, due pièces, diviso tra accà e allà. Tra un uè e un oui.
E ti affezioni presto a Massimo, Patrick, Roger K, Brigitte, Ungaro, Kundera, che passano per le pagine come sulle vie della città.
L’amicizia, le parole, quella ricerca delle mot juste. Una manciata di anni, i più belli, spensierati, maldestri e colpevoli di tanta giovinezza.
E tutto il cammino per arrivare a pubblicare la sospirata rivista, figlia di intellettuali, la Bête étrangère, lenzuolo dove scrivere in sanscrito il proprio pensare.

Nella libreria di Aurélien siamo in dodici come gli apostoli e dentro il pacco la rivista come un Cristo.

E quando si trova un maestro bisogna seguirlo. Questo romanzo di Forlani è la sua sindone, il sacro lino dove sono impresse le parole, vergate con mano non solo di chi scrive, ma di chi sa scrivere.
Malinconia sottile, come brume nebbiose che salgono dalla Senna mentre l’autore ci porta di qua e di là, attraverso gli arrondissement, come chi ha la chiave giusta per aprire tutte le porte.
Così ancora una volta mi ritrovo da Montmartre a Montparnasse ad andare a piedi.
In questa filosofia di vita, di amici che passano e lasciare Parigi è come lasciare gli anni migliori che uno ci ha passato.

Qu’est-ce que c’est ça?

Una malinconia, lo spleen, quella visione di Parigi dei bei tempi andati, che è ben tratteggiata in  Festa mobile. La povertà di una stanza appena scaldata, di una casa piena di libri, delle pagine di un libro fumate come la vita.
Leggi e cammini per Parigi fino a trovarti davanti a un cartellone, di quelli per indicare i monumenti ai turisti: Vous êtes ici e capisci che la tua vita, il  tuo destino sono nelle tue mani, che una zingara ti ha letto un giorno le linee sui palmi, affidandoti una strada. Non bisogna voltarsi indietro. Nemmeno per la rincorsa. Anche da soli, anche quando gli amici se ne vanno.

Davvero non c’è nulla che possa alleviare il dolore della perdita di un amico vero in un universo che sembra parlare una sola grammatica gremita di faux amis, et pourtant.

Sono arrivata alla fine, sulle ali della bella leggenda metropolitana di Chiunque cerca chiunque, duecento copie prenotate e consegnate. Poi il salto, la storia, le pagine di carta. Il vento le fa muovere, ora su questa panchina e le porta dovunque.
Compro un biglietto a Gare du Est. Perché è Parigi, senza passare dal via.

Qu’est-ce que c’est ça?
La Bête étrangère

1 commento:

monica martinelli ha detto...

Bella recensione! Condivido tutto, il romanzo di Francesco Forlani è un libro che fa sognare nella realtà. Sono stata una dei destinatari delle duecento copie di "Chiunque cerca chiunque". E sono davvero contenta che dalla tiratura limitata delle copie di facebook, sia venuto fuori questo incisivo e necessario romanzo "Parigi, senza passare dal via".
Ciao
Monica