domenica 4 novembre 2012

Pioggia a Bucarest



La tua voce mi arrivava a tratti, la linea era disturbata. Chiamavi da una cabina pubblica.
“Qui piove”
Per le strade silenziose te andavi avvolto nel tuo cappotto scuro. La sciarpa di lana appesa al collo, il mio illuso esserci, lì, con te, stanotte, mentre raccogli il riflesso rovesciato di te nelle pozzanghere e ombre sui muri, come scritte straniere a urlare contro il popolo degli eroi.
Quella canzone che mi avevi scritto dietro una cartolina e che tenevo in bilico tra i libri e quella bolla di vetro, souvenir che raccoglieva un paesaggio qualunque nel mondo, di dubbia fattura cinese. Quelle bolle di vetro che fai nevicare anche ad Agosto.
Piove a Bucarest.
Te ne vai senza ombrello, senza di me appesa al tuo braccio. In guerra di terra non tua, di nuovi armistizi da firmare per coltivare brandelli di futuro.
Mi porti nei tuoi pensieri, nella fodera della tasca del cappotto, nell’impronta delle mie labbra sulle tue.
Piove a Bucarest.
Rientri solo in un albergo vuoto, il riflesso intermittente della scritta all’esterno si amplifica nelle pozzanghere, come sangue rosso a colare dalle ferite.
Hanno colpito il tuo cuore fragile? O è ferita lieve che posso guarire standoti accanto?
La voce ritorna chiara. Hai richiamato, per non farmi stare in pensiero. Sì, sento la pioggia che ti fa compagnia.
Piove a Bucarest e sono sul cuscino vuoto accanto al tuo.

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