martedì 14 maggio 2013

La Madonna del Cencio



Siena portava con sé i colori della sera, arancio, oro e ocra che andavano spandendosi sull’arena di Piazza del Campo, come onde languide, allungando le ombre dei palazzi, in quell’ora più luminosa prima del tramonto. A Siena la magia si avverte nell’aria, in certi giorni, si cuce con il filo d’oro a ricamare il “cencio” per il giorno del Palio, si infila svelta nell’orlo scucito della notte delle Contrade, e ogni finestra esala il respiro, lo trattiene, spira nell’attesa.
Michela e Thea camminavano per i vicoli che andavano animandosi di figuranti in broccati e velluti, vestendo una pagina dal sapore medievale, di tempo andato, di salto nel vuoto, di antico e sempre nuovo come un miracolo rinnovato.
I tamburi scandivano i passi, erano lo scorrere inesorabile dei minuti sulla torre dell’orologio, erano il cuore di Michela in quella notte che precedeva il palio.
Il palio a Siena è una cosa seria, è fatto di diatribe violente, di confini invisibili ed inviolabili, di litigi, di accordi segreti, di incontri nell’ombra, di mercenari, di vendette, di amicizie, di rivali, di simboli, di aneddoti, di fantini e di cavalli, anche.
Michela spiegava a Thea le regole di quello che si prospettava essere l’evento più atteso, il giorno più bramato e pianto, mentre bevevano latte di mandorle sedute in un caffè all’aperto guardando la processione dei figuranti.
A Siena ci sono contrade rivali e non c’è pace, non c’è amore, non c’è salvezza.
Aquila e Pantera. Contrade nemiche.
Michela e Giulia. Contradaiole rivali.
L’una dell’Aquila, l’altra della Pantera. Entrambe innamorate del Capitano della Pantera. Lui innamorato di Michela pur sapendo di appartenere a due mondi diversi, come l’eterno amore che racconta storie di famiglie in altre terre, su altri balconi.
Giulia vestita da nobildonna, figurina sfuggita al gioco del corteo, madonna rinascimentale.
-Michela.-
-Giulia.-
-La tua contrada non corre, mi pare.-
-No. Infatti. Accompagno un’amica americana.-
-Buona sera.- disse Thea.
Giulia si avvicinò a salutare Michela: le mani che si stringono e poi il bacio sulle guance.
Pantera e Aquila ai canapi di partenza cercando il giusto ordine richiamato dal Mossiere.
L’amore mescola i cuori e la Sorte non conosce i colori delle contrade.
Il Capitano della contrada della Pantera promesso alla Madonna del Cencio e il cuore trafitto dagli artigli dell’Aquila.
Thea le osservava.
Giulia e Michela alla curva del Casato, al primo giro di piazza, affiancate, rivali, innamorate di belle speranze.
Curva di San Martino: Thea trattiene il fiato sa che lì possono cadere i fantini e un cavallo scosso può vincere lo stesso.
La passione fa correre la gara, il Fato decide il gioco, l’amore? Sì l’amore, si domanda Thea, che posizione occupa in questa equazione?
L’incognita e la velocità. Fratto tempo?
Davvero vince il più veloce? L’amore quali regole sottende?
Secondo giro di campo.
Michela e Giulia, gli occhi negli occhi. Poi qualcosa muta alla seconda curva del Casato, Giulia abbassa la testa, dolorosa e sofferente, rialza lo sguardo dove Michela pesca lacrime non piante e la Madonna del Cencio diventa Madonna Addolorata e trafitta come certe statue il venerdì santo in processione.
Ave Maria
gratia plena,
ora pro nobis

Curva di San Martino.
Thea assisteva, immobile, a uno scontro di cui ignorava le regole, ma ne avvertiva l’ancestrale lotta che si fa istinto di sopravvivenza, grido di lontanissimo eco. Richiami di rondini, volo d’aquila.
Per un attimo sospesa tra la folla, i figuranti, le luci dei lampioni, le voci dei bambini, i tamburi.
I tamburi sono il cuore di Michela.
Il Palio è la giostra medievale, è il gioco della Sorte che regge le regole del mondo.
Terzo giro di piazza.
Lo sguardo di Giulia a Michela: la trafigge, ma ne muore.
I cavalli delle altre contrade le raggiungono alla curva del Casato, le doppiano a quella di San Martino. La folla scomposta nei vicoli.
Il Palio è perso.
Giulia raccolse tutto il peso del dolore, agnello sacrificale, tempio sconsacrato, discesa agli inferi, rosario consumato, ultimo grido di cigno che muore.
Occhi allungati verso il basso, prossimi al pianto, vita che passa in quei tre giri di campo, speranza che soccombe, tristezza infinita, i tarli a ricamare il velo della sposa, guizzo di rabbia, disperazione arresa, di chi sa. Sapeva tutto eppure andava incontro al suo destino, Madonna del Cencio, donna promessa, cuori promessi.
Ma il Capitano della Pantera amava la donna dell’Aquila.
Tutto era finito, inesorabilmente terminato.
Giulia si allontanò. Il giorno dopo si correva il Palio.
Michela domandò a Thea: -Vuoi comprare qualche souvenir?-
-Sì, i fazzoletti dell’Aquila e della Pantera.-
Così avrebbe raccontato la più bella storia d’amore a cui aveva assistito, testimone della tragedia più grande.
Si sarebbe seduta con le sue nipoti nella grande casa del Maine, vicino alla finestra, avrebbe raccontato il Palio con quei due foulard come fossero marionette.
La Madonna del Cencio, l’Aquila e la Pantera. L’amore in fondo era un giro di piazza.
E i tamburi. I tamburi erano il cuore di Michela.


1 commento:

annamaria ha detto...

Complimenti per questa storia intrisa d'amore e velata dolcezza, storia ambientata in un luogo di competizione antica e moderna, una competizione che nello specifico corre sull'onda del sentimento. Mi piace molto l'eleganza della tua esposizione, ma tra le righe colgo una certa malinconia per ciò che è stato e continua ad esistere nel cuore.
Buona serata

p.s.( anch'io sono su blogspot e navigando qua e là sono giunta qui)