sabato 19 aprile 2008

Nudo d’autore, a l’ombre de Notre Dame

Picasso



“E’ quasi impossibile trovare una persona più sola di me”

Il pensiero di Lei rimaneva sulle labbra mentre il rossetto dava luce al sorriso, in sottotono, quasi in accordo di do, indomito il cuore.

Anemoni e ginestre, disegnati sulle pieghe di un vestito, di attesa primavera.

L’incanto di giovani passi, e tessuti di cielo a disegnare lo sfondo ideale di un corpo arreso e un cuore inquieto.

Le scale di corsa, odore di muffa, bisbigli dietro alle porte, una soffitta, nello sbieco taglio di luce di un pomeriggio tardo a venire, come Maggio, disegnato di pulviscolo da una finestra e sul davanzale dei tetti, Parigi.

Lui assorto, la tela bianca, odore di colori ad olio.

Sigarette a metà.

Bohèmien, eccentrico e raffinato, magneticamente bello, ritratto distratto ai cafè di Montparnasse, quando sotto le unghie ancora si vedevano le polveri sciolte per i colori ad olio.

Di quando le dipinse il colore sulla pelle nuda, lasciandosi andare contro di lei.

L’amore dopo.

Macchie di colore su un lenzuolo, tela improvvisata a dipingere sesso e amore.

Lei,

rumore di passi, dietro il paravento di carta di riso, color carta di zucchero, come certi cieli a Venezia, che non ho più rivisto.

Gli stivali, la giacca, il cappello, stropicciati sulla sedia, gioco di calze, da arrotolare piano, dalla coscia, giù passando per le gambe, indugiando sulle caviglie, piccoli piedi nudi.

Gli slip abbassati di troppa fretta, i seni turgidi.

Ombre, che lui raccoglieva, dietro il paravento di carta di riso, color carta di zucchero.

Filo di fumo, fiato sottile.

Giovani passi.

In piedi e contro luce, gioco di molte ombre.

Carboncino

-Sei in ritardo-

La luce aveva un taglio diverso, come di nuvole dispettose nel cielo di primavera, ombre sui prati.

Incompleta variabilità di un attimo.

Immobile statua, farfalla fermata in volo.

Tela e olio

Colori

Lui: “Per lavorare ho bisogno di essere vivo, l’astrazione mi affatica…mi uccide ed è come un vicolo cieco”

Lei: “Per un solo istante di pace all’eterna pace rinuncerei”

Le parole cadevano senza ombra nel buio di una via senza uscita, di due corpi spogliati e nudi anche per la via, in mezzo alla folla.

Impazzire di desiderio, di lei.

Poeta ardente Modì, tutto grazia, tutto collera, tutto sprezzo.

-Ora vattene via-

Ombre e lividi che dall’anima non si cancellano e non si lava via il colore della passione.

Lei: “Dammi anni amari di infermità, d’affanno, di febbre, d’insonnia, prendimi il figlio e l’amato…”

Quell’aria della sera, volo basso di pensieri declamando a memoria Baudelaire.

Le campane di Notre Dame.

Un bicchiere a metà.

Sfiorare la giacca di velluto logora, legando i capelli con un suo foulard bianco.

Si rivestiva in fretta, mentre un gatto giallo la osservava annoiato.

Le scale, due passi alla volta.

Parigi lungo la Senna.

Quel foulard bianco sul capo, musica d’organo a Notre Dame.

In ginocchio.

Oh Maria concepita senza peccato,

pregate per noi,

che ricorriamo a voi.

Amen

Osservo quei Modigliani, nell’essere la tua Modì, stropicciati volantini di un museo sui lunghi colli sinuosi che sorreggono quasi corolle, su fragili steli.

Volti allungati, costruiti da un segno sottile che si snoda leggero, con singolare finezza, chiudendo le forme in un ritmato gioco di arabeschi di squisita eleganza.

Sfiori il mio collo e il viso, allungato di lacrime.

Sorridi.

-Sei la mia Modì-

Peccato che io non sia Anna Achmatova e tu Modigliani.

A dipingere la pelle di passione, questo lo sappiamo fare.

Solo questo sappiamo.

Io non devo essere importante per te e tu non devi esserlo per me.

Mi spogli.

Ti spogli.

Noi,

nudo d’autore.

Campane.

A l’ombre de Notre Dame.

(Le frasi tra “virgolette” sono di Modigliani e di Anna Achmatova)

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