mercoledì 2 luglio 2008

La curva di San Martino

Alla Contrada del Bruco



Il sole era rotolato dietro alle colline, lasciando in cenere la notte; tossivano le luci alle ultime finestre, si soffiava sulle candele fino a spegnerle.

Cera rappresa a creare fantasmi contorti.

Notte nera e senza luna, un uomo incappucciato camminava appoggiato al suo bastone, l’ombra di una falce sulla strada e un rosario da sgranare, di lamenti e tarli a consumare le idee.

La città dormiva quando bussò alle sue porte.

Chiuse

Dormivano le sentinelle, languiva il fuoco tremando ombre sui muri.

Bussò infrangendo le dita sulle borchie di ferro e aloni di ruggine.

La zingara girava i Tarocchi.

Il Carro

Dal cappello la massa incolta

spioveva sul viso.

Lui, ora fantasma

prigioniero di fogli pigri di polvere e inchiostro,

notte di vento

che la luna non è ancora sorta.

Beve dalle fontane

il tempo rimasto

a un sogno rubato dalle tasche di una zingara.

Note di vento

a giocare con le carte del destino

e dietro la collina

dei perduti domani,

una falce di luna.

Tarocchi.

Passi stanchi in Via degli Orti.

Il Destino sa aspettare, arriva poco prima di una scelta.

La Nonna vegliava nell’attesa del volo della civetta.

L’alba sussurrava alle contrade agitando appena gli stendardi, fremeva il giorno di attesa e ferri di cavallo.

Sabbia la piazza, valva di conchiglia, l’uomo col cappuccio mescolò cavalli e cavalieri nell’intreccio di una giostra.

-Il dado è tratto-

Medio Evo-Medio Regno

Chiese e confraternite a mormorare nell’ombra tra sacro e pagano e zoccoli di cavallo lungo la navata dove l’uomo col cappuccio consumava i suoi piedi scalzi, scheletri sul pavimento.

Rideva forte svuotando le acquasantiere, battesimo dei contradaioli.

Fuori, nel giorno a volgere le chiarine intonavano un canto antico, il mossiere lasciava cadere il canapo a terra.

Gira, gira la piazza che un uomo e il suo cavallo, zoccoli e polvere, un colore, una contrada, il cuore salta un battito.

Muscoli, nervi e testa.

Dove va la testa quando Bastiano alla curva di San Martino è ancora in testa.

Gira, gira la piazza e impazza la folla.

L’uomo col cappuccio si alza sugli spalti e tiene il tempo di un mistero glorioso. Palio dell’Assunta.

Vespro della sera.

Le rughe sulla fronte, le mani strette al Destino, polvere, un tamburo nelle orecchie, piegato a tagliare l’aria che la curva di San Martino cade, disarciona, uccide, il Drappo nelle mani, un cavallo capotavola, la notte quando l’uomo incappucciato cade in polvere sulla sabbia della piazza e la curva di San Martino è solo un pezzo di cerchio all’ombra della torre, quando si posano le sedie di un bar.

Un parterre di chi sa che esserci è un’altra cosa, tre minuti su un orologio, il tempo fratto la velocità in radice quadrata di un destino nelle tasche di una zingara.

Misticismo e religione di piazza, parole perpetue, Ave Maria e riti profani.

Medio Evo-Medio Regno.

Passa una zingara, impronte sulla curva di San Martino.

2 commenti:

Maurizio Di Credico ha detto...

che tristezza, che saudade... speriamo di poterci rifare ad agosto, e comunque poi ci si imbuca alla festa, possibilmente senza cavalli a tavola che mi brucano nel piatto.
que viva el bruco!

TURAMBAR ha detto...

bel blog,vorrei proporti uno scambio di link, il mio blog è warbegin.blogspot.com, e dimmi poi!