domenica 24 novembre 2013

Hammam Ziani





La giornata era grigia. Carica di umidità. La città era avvolta dalla tempesta di sabbia che gravava da giorni. Era l’Harmattan che stava arrivando.
Ero a Marrakech per un convegno.
L’albergo era di quelli per turisti internazionali, quelli delle catene famose, come Hilton o Riu che ritrovi in tutto il mondo, nel bagno le stesse saponette, cambia solo il nome della città.
Avevo lasciato sul letto la sagoma del mio corpo, dove mi ero buttata appena entrata. Stanca, con tre ore di ritardo nello scalo di Charles de Gaulle e con mal di testa pulsante.
Il segnale acustico del cellulare avvisava che era arrivato un messaggio.
Natan mi dava appuntamento all’Hammam Ziani, nella zona popolare.
Dovevamo incontrarci lontano da possibili occhi indiscreti, ma l’Hammam mi sembrava un posto troppo frequentato.
Avevo imparato a fidarmi e a non fare domande. In quell’ambiente. Dove tutto è relativo.
Presi un taxi. La musica era troppo alta, la strada piena di buche e il mal di testa fedele compagno.
Scesi al 14 di Rue Riad Zitoune.
Al banco della reception una donna mi fece compilare una scheda, mi diede un asciugamano e una ciotola di legno con il sapone nero. Quando uscii dallo spogliatoio con l’accappatoio la donna mi indicò la sala del tè, dicendomi che una persona attendeva di vedermi.
La musica araba, ritmica e ipnotica, le luci soffuse delle candele, i tappeti, i grandi cuscini creavano un’atmosfera di tempo andato e il profumo di karkadè e eucalipto aveva un potere rilassante.
Natan era seduto su un divano e si alzò venendomi incontro.
-Strano posto per un incontro segreto- esordii.
-Credimi, è più sicuro di quello che immagini.-
-Il dossier?-
Lui prese una busta e me la porse.
-Un tè?- mi chiese.
-Sì.-
Si avvicinò al tavolo dove era appoggiata una teiera e riempì due bicchieri avvicinandosi. L’odore della menta mi fece sollevare lo sguardo dalla busta. La strappai e sbirciai il contenuto. Scossi la testa.
-Lo sapevo- dissi mettendo la busta nella tasca dell’accappatoio.
Lui mi porse il tè. Bevemmo in silenzio. Poi disse: -Non te la prendere di persone così è pieno il mondo, è un esaltato, uno che gioca a fare l’agente segreto e non sa chi ha agganciato. Ora però vorranno la tua relazione. Firmata. Per lunedì. Lo sai vero?-
Lo guardai negli occhi. Lo sapevo. Sì, lo sapevo.
Mi diressi verso il bagno turco, prima di entrare mi infilai sotto la doccia, rileggendo il documento sotto il getto dell’acqua che andava sbavando l’inchiostro. Che bugiardo.
Ora toccava a me scrivere. E avrei dovuto essere credibile, molto. Quasi come la verità.

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