domenica 10 febbraio 2008

Pomeriggio a Coney Island







































Domenica
I treni partivano da Jamaica Station, nel cuore del Queens, di case ordinate, disposte su una scacchiera di vie dritte, come il gioco di un bravo architetto.
Aveva smesso da poco di piovere e l’odore di salsedine si mescolava con la sabbia bagnata.
Un uomo parlava al cellulare descrivendo nel vuoto ampi cerchi con le mani. Una coppia camminava in silenzio, lei si stringeva nella giacca. Alzando il bavero per proteggersi dal vento.
Un bambino poco distante teneva tra le mani, con grazia, un cavallino di legno zoppo.

“Oh cavallina, cavallina storna…”

L’oceano era una distesa grigia di onde in movimento mentre un volo di gabbiani rumorosi mi faceva alzare lo sguardo.
A Coney Island ci arrivavo sempre con un libro in borsa, che poi non aprivo mai, ma era un buon compagno. Silenzioso. Per appuntare nella copertina schizzi di mare. E disegni di vele.
La ruota panoramica girava, si vedevano le barche che tornavano verso Nantucket.
I bus vomitavano folle di famiglie per il brunch domenicale, e ragazzini con la notte tatuata nei loro giubbotti di pelle. L’eco di vecchie pellicole sulla notte e i suoi guerrieri.
Da Nathan’s per i migliori hot-dog di New York.
Mentre tornavo, la sera, dopo il tramonto, dopo il mare, dopo, una cascata di luce vestiva l’Empire.
Avevo un tavolo prenotato a Bryant Park.
Da un’eternità.
Una bandana sbiadita del "Che" legata al polso, occhiali da sole italiani, l’American Express, soldi di plastica in tasca, come il gioco del Monopoli.
Una casa in Green Street, come il Parco delle Vittorie.

1 commento:

Maurizio Di Credico ha detto...

è veloce il tuo viaggiare... come Tarzan quando si sposta da una liana all'altra: lascia la presa solo quando ne ha un'altra stretta in un pugno. E tu ti muovi allo stesso modo, saltando da un posto all'altro, da un viso all'altro. Pochi dettagli per spalancare suggestioni senza termine, di guerrieri che si fanno guerra per strada, di bambini malinconici, di uomini e donne sprofondati nel loro universo privato. Un universo che lasci solo intuire. Il tutto vestito con la tua solita "poesia prosaica", che usa le parole come pedine di un gioco, che descrive senza ritrarre. Un viaggio, tanti viaggi, nella cornice di una storia da immaginare. Un libro, una strada , un parco. Qualcosa la ricordo anch'io...