domenica 28 agosto 2011

Parco della Vittoria


"E, infin dei conti, come dice un saggio persiano, -l'amore è una malattia dalla quale nessuno riesce a liberarsi.- Chi ne è stato colpito, non cerca di ristabilirsi; e chi ne soffre, non desidera essere curato"
P. Coelho






A Lory e Dario, “due strade incontrai nel bosco ed io scelsi quella meno battuta”, perché in fondo siamo tutti amici di Lupo...




Il tramonto aveva colorato di viola le montagne, una striscia rossa accarezzava l’orizzonte e in alto altissimo l’azzurro, una manciata di minuti prima dell’imbrunire, l’attimo più luminoso dopo il tramonto.

Il lago si beveva quello spettacolo capovolto. Capovolto come quelle sfere di vetro con un paesaggio e l’acqua e la neve, retaggio di un souvenir.

Mentre tenevo le braccia conserte, guardavo lontano, cercando una stella, ogni parte del mondo che ho visto aveva le sue stelle e le sue costellazioni, anche il taglio della luna era differente ai tropici rispetto all’equatore.

La croce del sud mi aspettava la sera fuori dalle tende, come gli ascari, come il tossicchiare dei leopardi, come quella manciata di cose familiari che fanno l’affetto.

I francobolli stranieri, i treni, la corsia di sorpasso in autostrada.

La vita srotolata con l’allegria di una tovaglia da pic-nic: un gioco, un rischio.

Ho comprato un albergo al Parco della Vittoria, andando per il Vicolo Corto, senza passare dal Via, pagandolo con i soldi del Monopoli e un intrigo con il destino, Parigi o New York, in base al fuso orario e alle mode.

La paura era l’azzardo, o forse nemmeno, la paura non esiste.

Esiste l’amore stemperato in un caffè, in una cucina lontana mille anni dei miei ricordi bambini. E la Lanterna vegliava un porto e una città addormentata sul porto.

Quel tempo dell’orologio, tre quarti d’eterno e un margherita disegnata sulla maglietta.

Lo strappo delle vele a strapiombo su un mare che non navigammo.

Lo sky-line del mio sguardo è l’orizzonte del mio pensare: agitato e come mari in tempesta solcati da galeoni fantasmi e l’anima distesa per poco, su una spiaggia bianchissima, giusto il tempo i asciugare tormenti e lacrime, che domani è già qui, il senso inverso di chi corre contro fusi orari differenti, così il tempo dura di più e puoi vivere due volte la stessa vita.

E vendere l’albergo di Parco della Vittoria per uno scoglio e due palme nell’oceano di mezzo della mia vita tra le parole e un nuovo romanzo da raccontare.

Ancora non so, se sia troppo presto o troppo tardi


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