Scacco matto
Ricordi la nostra scacchiera? Comprata una domenica mattina al mercato di Portobello, con gli scacchi in legno di cedro del Libano.
Aveva un sapore esotico, e sicuramente aveva viaggiato, come noi. Ci piaceva immaginare chi l’avesse portata lì e perché poi fosse finita su una bancarella colorata.
Giocare a scacchi aiuta a pensare, e mi piaceva guardarti mentre ti concentravi nella tua metà di campo da gioco.
Parlavamo, per ore. Tra una mossa e l’altra. È lì che mi hai raccontato la tua vita, e io per ascoltarla, non ti ho detto della mia.
Partite lunghissime, fatte anche in assenza di uno di noi, muovevamo le pedine per un gioco di attese. A turno passavamo vicino e spostavamo gli scacchi.
Gli anni sono passati tra le dita come grani consumati di rosario appresso alla processione della Vergine, il venerdì prima di Pasqua.
Lancette di un orologio a ritagliare un quarto di vita perfetto, su un passato prossimo.
Quasi luna piena di Marzo.
Oggi è in stallo anche la polvere, su quella scacchiera, però io ho messo la regina bianca vicino all’alfiere, di fronte al re nero. Ora tocca a te muovere.
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