giovedì 14 gennaio 2021

Interviste dal lago Rosa: Cristina Cardone intervista Umberto Fiori

 

Umberto fiori corre nella categoria Classic con Roberto Camporese con il numero 207.

 

Cristina: Il fatto di aver creato la Classic, da parte degli organizzatori,  non c’è un po’ volontà di ritorno al passato, un po’ di nostalgia per la vecchia Parigi Dakar?

 

Umberto: Forse sì, c’è un po’ di nostalgia, le cose passano e mancano. Gli sport stanno diventando veramente estremi e manca un po’ la parte che ha fatto il fondo, è quello che ha fatto diventare famosa la Dakar, tutte le retrovie, tutta la gente che ha corso la gara, che non è stata considerata direttamente, soprattutto in questi anni dove anche i media fanno vedere solo i primi, che fanno un’altra gara, sono irraggiungibili, mezzi super potenti, persone professioniste, si è perso forse un po’ lo spirito di quello che era la Dakar originale. Uno prendeva una macchina e poteva fare questa avventura pazzesca. Spero che la Classic abbia successo, per me ma anche per altri, il sogno è più vicino, il badget è più contenuto. Avendo fatto altre Dakar vorrei trovare quel gusto dell’avventura che si è un po’ perso.

 

C.: Sulla base delle tue passate esperienze, come ci si prepara a una corsa così dura, lunga, impegnativa. Qual è  il segreto che ti fa partire ogni volta e ti fa andare là?

 

U.: La preparazione fisica e mentale: devi essere pronto ad affrontare ogni cosa. Il gusto dell’avventura che ce l’hai o non ce l’hai. Riuscire a gestire le situazioni che ti si presentano davanti senza spaventarti. Il gusto di buttarsi nell’avventura, nell’ignoto e venirne fuori con le proprie forze, è un sfida con se stessi.

 

C.: Che cosa si porta a casa ? A parte “le tasche piene di sabbia” per dirla alla Caracciolo, nella vita reale, il fatto di aver fatto la Dakar, che cosa ti insegna?

 

U.: ti insegna come ti insegna tutta la vita, se la prendi nel modo giusto è un’esperienza in più, ti fa capire che tante volte stai insieme a una persona nei momenti più duri, ed è proprio questo che ti lega di più a quella persona. La Dakar ti fa dire: “ho superato cose più dure di queste, vuoi che questa volta non ce la faccia?”

Ti porti a casa la voglia di ritornare, perché la Dakar è come una droga. Se la fai poi la maledici, la stramaledici ma se l’anno dopo non ci sei soffri.

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