Interviste dal lago Rosa: Cristina Cardone intervista Umberto Fiori
Umberto
fiori corre nella categoria Classic
con Roberto Camporese con il numero 207.
Cristina:
Il fatto di aver creato la Classic,
da parte degli organizzatori, non c’è un
po’ volontà di ritorno al passato, un po’ di nostalgia per la vecchia Parigi
Dakar?
Umberto: Forse
sì, c’è un po’ di nostalgia, le cose passano e mancano. Gli sport stanno
diventando veramente estremi e manca un po’ la parte che ha fatto il fondo, è
quello che ha fatto diventare famosa la Dakar, tutte le retrovie, tutta la
gente che ha corso la gara, che non è stata considerata direttamente, soprattutto
in questi anni dove anche i media
fanno vedere solo i primi, che fanno un’altra gara, sono irraggiungibili, mezzi
super potenti, persone professioniste, si è perso forse un po’ lo spirito di
quello che era la Dakar originale. Uno prendeva una macchina e poteva fare
questa avventura pazzesca. Spero che la Classic
abbia successo, per me ma anche per altri, il sogno è più vicino, il badget è
più contenuto. Avendo fatto altre Dakar vorrei trovare quel gusto
dell’avventura che si è un po’ perso.
C.:
Sulla base delle tue passate esperienze, come ci si prepara a una corsa così
dura, lunga, impegnativa. Qual è il
segreto che ti fa partire ogni volta e ti fa andare là?
U.: La
preparazione fisica e mentale: devi essere pronto ad affrontare ogni cosa. Il
gusto dell’avventura che ce l’hai o non ce l’hai. Riuscire a gestire le
situazioni che ti si presentano davanti senza spaventarti. Il gusto di buttarsi
nell’avventura, nell’ignoto e venirne fuori con le proprie forze, è un sfida
con se stessi.
C.:
Che cosa si porta a casa ? A parte “le tasche piene di sabbia” per dirla alla
Caracciolo, nella vita reale, il fatto di aver fatto la Dakar, che cosa ti
insegna?
U.: ti insegna
come ti insegna tutta la vita, se la prendi nel modo giusto è un’esperienza in
più, ti fa capire che tante volte stai insieme a una persona nei momenti più
duri, ed è proprio questo che ti lega di più a quella persona. La Dakar ti fa
dire: “ho superato cose più dure di queste, vuoi che questa volta non ce la
faccia?”
Ti porti a casa
la voglia di ritornare, perché la Dakar è come una droga. Se la fai poi la
maledici, la stramaledici ma se l’anno dopo non ci sei soffri.
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