giovedì 13 marzo 2008

El violinista del carrer



Ho visto passaporti

sostare alla frontiera di una malinconia

e

valige piene di sogni e di preghiere.

Vecchie case inginocchiate,

di guerra e bombardamenti,

abbandonate all’ombra di una promessa.

Ho raccolto note

tra le canzoni

di un violino appoggiato tra il collo e la spalla,

l’archetto a disegnare vetri appannati di perché,

cappelli rovesciati di monete e di preghiere,

da contare come carezze per un cane.

Sono le voci dell’Est.

Ho visto il suo passaporto

sostare alla frontiera di una malinconia,

quando si traduceva Neruda, regalo di un amico lontano,

“Mi sed, mi ansia sin limite, mi camino indeciso!”

Era il violinista del carrer,

figurina sfuggita all’orchestra nomade,

spartiti stropicciati, tagliati di linee,

dove le note restano a giocare sulla scala dello scivolo di una melodia.

E un angolo di piazza ti rapisce per mano

come un Minuetto, che non sai più il posto dove vivi,

distratto nella memoria di un’aria lontana.

Lui è il violinista del carrer,

una moneta perché suoni la tua malinconia e la mia assenza.

Di passi sulle Ramblas, tra mimi distratti,

lampioni di Gaudì a Placa Real,

semafori spenti sulla Diagonal,

el Paseo de Gracìa, la sera, era solo un quartiere.

(Dal quaderno di Pablo Y Ruiz)



Barcellona, Aprile 2006


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