domenica 23 marzo 2008

Venerdì Santo: a Taranto sfilano i perdoni










Nella vita bisogna avere l’umiltà di ammettere di credere in qualcosa.

Alla masseria del Monsignore tagliano i rami d’ulivo per la domenica delle Palme, mentre la notte si alza la luna piena di Marzo.
Nei due mari di Taranto incrociano le navi militari, di nuove e vecchie guerre.
Alle cinque il Carmine apre la porta sul sagrato: ecco l’uomo.
Il perdono scalzo e incappucciato, i passi lentissimi, al ritmo delle note funebri della banda che lo accompagna, in scena il mistero della morte a chiedere perdono.
Note dolenti che il vento solletica via in un’epoca di paganesimo e mercanti scacciati dal tempio.
L’uomo incappucciato è fermo e il vento gonfia le sue vesti mentre la sua mano da voce alla troccola, come pioggia battente.
Ancora e ancora.
Il passo lento del perdono, la nazzicata che lo accompagnerà all’alba.
Dalla vetrina di una libreria La strega di Portobello tace. In un tempo in cui non si crede più a niente si finisce per credere a tutto.
Le folle crescono all’indice di un’ i-dea.
Nuovi dei sull’Olimpo di pensieri e templi sotterranei.
Il mistero snoda la passione, su qualcosa come il perdono.
Che busserà all’alba, alla chiesa del Carmine.

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