lunedì 31 marzo 2008

Rue Avogadro déjà Rue des Fleurs





(Lei parlava francese)

Amava quei quadri ad olio dai tratti incerti, appena accennati, ombrelli chiusi appesi al braccio dei passanti, abat-jours celate dietro le tende, a descrivere la sagoma di certi gatti neri, lampioni sui ponti che le facevano sussurrare: Paris.

Una zingara a spiare le loro mani, sulle linee del tempo coniugato al futuro.

Futuro semplice.

I bambini si dondolavano sulle altalene dei giardini, un pallone rotolato lontano da inseguire, giovani grida nell’ombra sonnacchiosa di vecchi olmi, si fermò alla fontana a lavare le mani, mentre la borsetta scivolò in avanti, a penzoloni sul braccio.

Sophie attraversò la strada nel traffico dell’ora di punta e affondò nelle scale mobili della metropolitana che la cullava nell’ intercalare della voce metallica a ricordare i nomi delle stazioni.

Champs Élysées

Concorde

Tuileries

Palais Royal- Musée du Louvre

Louvre Rivoli

Chatelet

Hotel de Ville

Gare de Lion

Poi un treno, e il paesaggio della campagna sfilava la sua estate di grano e papaveri nello specchio d’acqua delle chiuse nelle risaie, il riflesso di aironi cinerini, era l’immagine della rivista appoggiata sulle ginocchia.

Passaggi a livello, ricordi abbandonati, nel rumore ritmato del treno.

“C’est possible?” domandò.

Lei annuì.

Leonard si sedette di fronte a lei, occhiali scuri, la ventiquattro ore nel sedile vuoto accanto a sé.

Sempre un posto vuoto, perché bastava a se stesso.

Si piegarono tra le sue dita i fogli del giornale, mentre il cellulare di lei iniziò a squillare.

Ignorò la chiamata. In fondo era lì per fuggire, un posto qualunque, per il futuro prossimo.

Guardò fuori e lottò con la rabbia di un refuso nella sua vita e lacrime a pungere gli occhi.

Lui sempre di fronte…

“Un uomo?” domandò.

Sbuffò e sorrise.

“Voi uomini siete tutti uguali”

“Sinceramente io penso che lei abbia il suo metro per giudicare gli uomini, così come io ho il mio per giudicare le donne”

“Grazie”

“Piacere…” le disse il suo nome e lui il suo, ma lei non lo ricordò.

Parlarono della campagna, del vino, vins de Savoie, Haute Savoie, o vini caldi di Provenza, dal bouquet fiorito come sottane in organza e lini stropicciati di lavanda sullo sfondo di girotondi assolati e piedi scalzi.

Gelsomini, base delle essenze, quando Grasse ribolle di aromi.

Ubriachi di parole.

Leonard la accarezzava con lo sguardo ben oltre i bottoni slacciati sul collo alto della camicetta, di parole snocciolate come rosari, primo mistero doloroso.

Scivolava sulle vene appena accennate nella pelle chiara, ragnatele da tessere per essere sedotto.

Il treno rallentò fino a fermarsi.

-Au revoir

-Au revoir

Lui invece pareva conoscere il proprio percorso, si alzò in fretta.

Scese anche lei.

Il sole di mezzogiorno implacabile sulle braccia, raccolse i capelli sulla nuca, sentendo l’alito del vento sul collo, mentre camminava sulle strade lastricate di pietra, nel via vai di pensieri, sempre in verticale.

La Basilica lasciava cadere l’ombra della cupola, infrangendo i cattedrali con riflessi di luce, la musica d’organo accompagnava i suoi passi di stanca quiete a calpestare i fiori di marmo del mosaico della navata.

Il rumore di monete attirò la sua attenzione, come le stazioni della Via Crucis, figure, bassorilievi in bronzo, Gesù inchiodato sulla croce.

Strinse le mani a pugno, tanto lui se ne era già andato.

Fuori le rondini volavano basse e da un giardino pioveva e stordiva il profumo di gardenie.

“De bois et de papier”, recitava l’insegna del negozio di cornici.

Si rincontrarono lì, lui aveva una cartellina e un’icona sacra tra le mani.

-Bonjour! Salut!

-Salut

Non ricordava perché la convinse a seguirlo, forse voleva mostrarle qualche angolo della sua città, ma ricordava le sue mani a percorrerle la schiena, quasi come a leggere tra le vene velate sotto pelle, la carta a trovare la via.

“Sesso

Sesso non è una risposta.

Sesso è una domanda.

Sì, è la risposta”Woody Allen

Così recitava la locandina ingiallita di un cinema chiuso.

Rue Avogadro, déjà Rue des fleurs

Il pesante portone con le borchie conficcate nel legno si apriva sul piccolo giardino incolto, c’era un angelo di pietra senza le braccia e l’edera a ricoprire la fontana.

Appoggiata al portone chiuso, spogliata di tutto a lasciare che le sue dita la tormentassero fino ad essere sua, nel breve attimo presente.

Mentre fuori, per la via passava il giorno.

Avevano girato il mondo senza muoversi di un passo.

Chi lo pagò il conto quella sera? Una cambiale con il destino.

“Non so se potremo rivederci”

Lo disse quasi a scusare qualcosa.

Lasciò le chiavi sul tavolo e si comprò un altro sì.

Andò via.

Quelle chiavi, Sophie le ha tenute per sempre accanto alle sue, il solo sapere di poter tornare.

Se non avesse scordato il nome della via…

Futuro anteriore

Via Avogadro, già Contrada dei Fiori

1 commento:

Anonimo ha detto...

Ti seguo da tempo. Brava davvero.