mercoledì 5 gennaio 2011

Da Santiago verso Santiago


-Che tu sia il benvenuto nel luogo dove diciamo che il cielo è sempre azzurro anche se è grigio, perchè conosciamo il colore che esiste al di là delle nuvole. Che tu sia il benvenuto nella regione del Tengri. Che tu sia il benvenuto da me che sono qui per riceverti e onorarti per la tua ricerca- P.Coelho

Il ponte sul fiume Ebro era un luogo di incontro per i pellegrini che andavano a Santiago.

Un lungo cammino, tra santi e demoni, anime perdute e volti trasfigurati.

L’anima di Viola era la tavolozza di un pittore lasciata a metà, un bozzetto dalla linea morbida, bianca e nera, come le curve della sua pelle e i suoi capelli, inchiostro nella macchina da scrivere.

Quando non c’erano più parole da dire, o forse si erano dette tutte, anche in quei lunghi silenzi autunnali dove si sentiva come un’immagine di Sarah Bernhardt sulle scatole di latta, di mezzo secolo prima.

Le sue gambe giovani camminavano al ritmo della musica in cuffia, verso Santiago.

A piedi.
Perché le grandi risposte si trovano forse solo alla fine di un lungo viaggio e magari aprono l’orizzonte ad una nuova Itaca, e arrivarci, si sa, è un altro viaggio.

Così se andava quel pomeriggio quando si accesero le luci dei lampioni che attraversavano il fiume Ebro. Si affacciò lasciando che i capelli fluissero nel vento che soffiava da sud, come spettinati pentagrammi dove le rondini se ne stavano prima di partire.

Lui arrivava dalla direzione opposta, incontrarsi era inevitabile, aveva uno zaino pesante e un cappello calato sugli occhi, una conchiglia, pendeva da una tasca, il simbolo dei pellegrini, si ritrovò a pensare Viola.

La salutò. “Dove vai?”

“A Santiago. E tu, da dove arrivi?” domandò lei.

“Da Santiago”

È curioso come certi frammenti di vita diano l’impressione di incastrarsi come i pezzi di un puzzle. Anche volendoli evitare, cercando una forzatura nel loro intreccio la vita segue sempre il suo cammino e non sempre è la via più breve, la più facile, quella con le migliori compagnie.

Viola lo sapeva, e il nutrito gruppo di spettri che si portava appresso nella sua ombra, che l’ora del tramonto allungava, prima o poi lo avrebbe dovuto affrontare.

Rimase nella valle La Rioja per un paio di giorni.

Quando ripartì aveva la compagnia di una conchiglia che pendeva dallo zaino.

Da Santiago verso Santiago, un lungo cerchio tracciato sulla sabbia del cammino, la chiave a trovare i misteri che cercavano i templari.

Per bere al calice che tutti credevano dimenticato. Che invece se andava nella direzione opposta.

Forse solo Viola lo aveva capito, in quella notte appoggiata al suo petto, mentre la luna si nascondeva tra le nuvole, o le vesti degli spettri del passato.

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