giovedì 21 luglio 2011

Galeotta fu la cena via e-mail


Colui che disse: preferirei essere fortunato piuttosto che abile
aveva capito tutto della vita. Le persone non vogliono accettare il fatto che gran parte della nostra vita dipende dalla fortuna. È spaventoso pensare quante siano le cose che sfuggono al nostro controllo. Da: Match point

Allo spazio tra le parole, sapendolo leggere...







Quella sera era davvero tardi, il rumore dei miei tacchi echeggiava sul vecchio marmo dei portici

in Via Po, per fortuna ecco il tram sferragliare, non ci speravo data l’ora.

Poche persone appese ai loro sogni nella sera di pioggia, di vetri appannati e tergicristalli a ipnotizzare lo sguardo.

Cullata dal movimento del tram, per le vie deserte, controllo il mio palmare.

Una mail.

New York ore 18,30

Cara Francesca,

sono rientrato oggi dal Cile e, guardo dall’ampia vetrata dell’ottantaduesimo piano del mio appartamento la grande Mela prepararsi per la notte.

Ritrovo sulla mensola della cucina il barattolo con tanti formati di pasta: farfalle, ricciutelle,maltagliati, lasciati negli anni nelle tasche delle mie giacche dalla tua mano, copiando quella famosa pubblicità: una collezione inedita.

Affondo le mani nelle tasche ma incontrano solo il tessuto liscio della fodera e quei cari formati di pasta mi riportano indietro nel tempo a quelle serate nella nostra casa in Umbria, alla tavola sempre circondata da amici e al cafè… il tuo terribile cafè.

Pensavo… mi inviteresti a cena?

No, non sto scherzando, certo neanche se prendessi il Concorde riuscirei ad arrivare in orario, ma lo sai, io alle cene arrivavo sempre per ultimo e mi piaceva trovare quel posto vuoto, che aspettava me.

L’odore dei ricordi, quando arrivavi scalza, in vestaglia e mormoravi : “Cafè?”.

Poi con gesti antichi prendevi la caffettiera, la “Moka”, come la chiamavi tu, e mi facevi venire in mente Cabarero e Carmencita del Carosello della mia infanzia.

Ancora assonnata mi passavi “Moka” dicendo: “La sviti?”.

Poi te la ripassavo, sentivo il colpo secco del filtro per svuotarlo, lo scroscio dell’acqua, l’aroma di cafè che riempiva la cucina, mentre “Moka” gorgogliava.

Il rumore dei ricordi.

Posso venire a cena da te?.

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Torino ore 0,30

Posta in arrivo

Ciao Paolo,

ma lo sai che qui è già domani?

Ammesso e non concesso che con il Concorde riuscissi, diciamo ad arrivare fino a Parigi e di lì a Milano Malpensa, tutto quello che riusciremmo a mangiare a quelle ore sarebbe un “Camogli” in Autogrill.

Terribili quelle soste nei nostri viaggi, ricordi?

Ma penso di essermi innamorata di te dividendo uno di quei panini “riciclabili, ma non biodegradabili”, come li chiamavi tu.

Sai ogni volta che mi fermo a bere un cafè guardo con affetto la vetrina che presenta la sfilata di panini e Camogli e Olivia risvegliano sensazioni dolcissime e lontane.

Che dici, ti preparo un panino?

Invia

New York ore 19,00

Posta in arrivo

Sai fare di meglio di un panino.

Invia

Scendo dal tram, che fugge nella notte, come il passaggio di un sogno, il viaggio nei ricordi.

Torino ore 1,10

Posta in arrivo

Apro il frigorifero e passo in rassegna avanzi di cibo, frutta ammaccata, odore di muffa, un po’ come la mia vita: un sacco di cose da buttare via.

Poi esco nel piccolo giardino, non piove più, respiro la notte, e tra le fresche lattughe eccolo, è nell’aria, è come sentire il profumo di un amico e riconoscerlo dall’odore,senza voltarsi.

Il mio amico si chiama basilico.

Ne scelgo alcuni mazzetti e tuffo il mio viso nell’abbraccio del suo aroma, una lacrima accarezza la mia guancia, o forse è la pioggia.

I ricordi mi vengono incontro come bambini al sole: ricordi il pesto di zia Elena?

Ogni volta che preparo il pesto rivedo i suoi gesti antichi e provo un’emozione fortissima.

Rivedo le mie mani bambine che lasciavano impronte sui mobili, mentre io sbirciavo fuori dalla finestra e Genova sonnecchiava all’ombra della Lanterna.

Nel vecchio mortaio comincio a pestare l’aglio e i pinoli con il pestello di frassino

Penso a te, a quando ti divertivi a cucinare per i nostri amici girando per la cucina con il cucchiaio di legno.

Basilico e sale, senza più pestare, ma roteando sino ad ottenere un composto omogeneo…

Apro un cassetto, è ancora lì.

Il mio cucchiaio di legno.

Quanto tempo è passato, acqua e scottature sui fornelli lo hanno logorato.

Un po’ come la vita.

Aggiungo Parmigiano e Pecorino e infine l’olio d’oliva, versato a filo.

La fragilità della nostra vita.

Tu forte e fragile sempre in giro per il mondo, quante volte ti ho dimenticato in un “cassetto”?

Quei capelli d’argento sono il risultato di averti lasciato solo?

Chissà perché non ho mai pensato alla tua fragilità, alle scottature della vita, che hanno disegnato ragnatele di rughe intorno ai tuoi occhi.

Ora nella mia cucina si respira aroma di pesto.

Che pasta vuoi?

Trenette? Farfalle?

Ora non dirmi che non ti va la pasta al pesto, altrimenti devo ricominciare da capo e a quest’ora non posso certo uscire a fare la spesa!

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New York ore 21,00

Posta in arrivo

Se ci sbrighiamo possiamo pranzare insieme a Parigi, “domani”?

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Aeroporto Charles De Gaulle

Ristorante

“Signori, se posso consigliarvi, piatto del giorno: trenette al pesto genovese”

Una risata riempì l'aria

2 commenti:

emme ha detto...

Ciao,
è bello seguire il percorso delle tue parole, come sempre un viaggio tra posti dell'anima e altri dove l'anima ha solo parcheggiato per un po'. Credo di aver parcheggiato in molti dei posti che citi, a volte senza volerlo, o perchè succede di restare bloccato per strada, altre volte per quella fortuna di cui parli.

Cristina ha detto...

se hai visto Match Point...
giochi a tennis?
L'idea è quella. La pallina che sfiora la rete ed è solo fortuna a volte dove cade. Solo fortuna