domenica 10 luglio 2011

I giorni del tè


"La prima volta che bevi un te’ con uno di noi sei uno straniero; la seconda, un ospite onorato; la terza, sei parte della famiglia.” Haji Ali, il capo del villaggio di Korphe

Il deserto ha la capacità di avvolgerti all’improvviso, ti sembra di vedere ancora nello specchietto retrovisore i palazzi di Douz e all’improvviso tutto intorno è orizzonte. Senza un necessario punto di inizio o di fine.

Il sole allo zenit riflesso negli occhiali da sole, Massimo teneva il volante con due mani, la polvere si alzava intorno, coprendo con un velo l’auto, le valige, i giornali.

Iris guardava, cercava di cogliere un elemento di riconoscimento, come in un labirinto. Niente è uguale a se stesso come il deserto: eppure cambia in pochi secondi, lo stesso posto, il vento e le dune si limano, ne nascono di nuove, si cancellano i passi, ci si perde mille volte.

Il deserto.

Ricordo di ginestre, dipinte sulle tazze di quei mattini.

Tanti deserti che avevano attraversato, partendo dal Medio Oriente, lasciando quella guerra vista dalla terrazza di un hotel. Irreale.

L’aroma del tè, era il sapore sulle labbra, il bacio al gusto aromatico, immobile, ma che riconoscevi quando entravi nelle botteghe di spezie dei suk.

Su quella collina, si distendeva la terra fino al mare. La strada la conoscevano.

Sembrava anche più facile del deserto.

Bisognava camminarci, con il sole allo zenit, e la pausa per un tè. Tra sconosciuti, come con i Tuareg, tanto tempo prima.

Quando il deserto la sera era uno scialle caldo e rassicurante. Prima della notte.

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