venerdì 29 luglio 2011

La vie en rose


Quand il me prend dans ses bras
Il me parle tout bas
Je vois la vie en rose
Édith Piaf


A Piera, per una promessa fatta...





Certi mattini ti svegliano con la fretta e la nostalgia che deprime il cuore.

Gracìa passò la mano sullo specchio, per togliere via l’opaco di umidità creato dall’acqua della doccia.

Il suo riflesso non le sorrise, di una ruga stretta sulla fronte, quasi la rabbia, svegliarsi triste.

Appoggiò l’accappatoio sulla parte libera del letto, come a consolare un’assenza di lenzuola disordinate e vuote, a tradire che da sola aveva dormito la metà del letto.

Prese le prime cose che si affacciarono dall’anta dell’armadio, evitando lo specchio.

Tornò indietro e afferrò la cintura, sorridendo tra sé a una sua vecchia battuta:

-Non hai la cintura, praticamente è come se fossi nuda-

La vie en rose,

che percorreva distratta dalle note della radio, la mattina, mentre scendeva lo sguardo verso il mare, che sempre portava in porto una qualche nave, carica di speranze e di sogni.

Lei le navi le accompagnava per mano, le vedeva nascere e morire, era il suo lavoro.

Addomesticava il mare.

Stravaganze di pensieri da girare piano come zucchero nel caffé e titoli dei quotidiani sfogliati di passaggio, già scordati, come inserti che restano lì, per mesi sull’angolo di una presenza,

perché sappiamo più cose inutili di quante non sono necessarie.

L’oroscopo ancora a prenderla in giro:

“Incontri improvvisi e nuovi voli da salvare”

Scuotendo la testa, che chi cura certe rubriche gioca a metà, tra pianeti distratti in collisione con quel che vorremmo e voli pindarici di fantasia.

Chissà, forse poesia.

Pensò alle poesia guardando i pini marittimi sfilare sul mare, quelle imparate a scuola, quelle che restano dentro.

La vie en rose,

si snodava dolcemente al parapetto di illusioni che si tengono come ricordo, per non dimenticare, il segnalibro tra le pagine stropicciate di giorni tutti uguali, casa, ufficio, strada, polvere, supermercato, chiesa, di quando in quando in cori d’organo e ostie a metà.

All’improvviso svoltando un vicolo lo vide, chiuse gli occhi un attimo, certi scherzi la vista te li gioca, complice il caldo, ma quando Gracìa li riaprì era ancora lì.

Un gallo, ma uno vero, con le piume colorate, la cresta e i bargilli rosso sangue.

Camminava, saltellando guardando il mondo dal basso verso l’alto, incurante delle auto, della gente, della donna al quarto piano che stendeva il bucato incredula e divertita.

Un gallo, ma uno vero, in città, notizia da raccontare a spettatori increduli e divertiti.

Gracìa chiamò i vigili, che intervennero per catturare il volatile, perché non fosse ferito o ucciso dalle auto.

Ma il gallo corse via, passando accanto a Gracìa, aprì le ali volò sul parapetto e planò nel fiume, dove anatre selvatiche tagliavano la scia dell’acqua con il loro passaggio.

Lei sorrise e salì in auto, abbassò il finestrino, faceva caldo, era stanca e sorrideva.

Semaforo rosso

La vie en rose,

il tempo dal rosso al verde, per cambiare la sua vita, o per farle il dono di una carezza.

Il ragazzo con la maglietta grigia e il coccodrillo sulla destra si affiancò.

Lacoste

La costa era il luccicare di ultime onde, sul tramonto.

-Posso dirle una cosa?-

Lei lo guardò incuriosita: -Mi dica-

-Ma lo sa che è una bella donna, glielo dicono mai?-

Rise e scosse il capo, quel mattino non si era neppure truccata, per fortuna aveva almeno la cintura a disegnarle la vita, se no, se no è come se fosse uscita nuda.

A spogliarla con gli occhi ci pensò lui, la metà dei suoi anni, il doppio del suo credere ai sogni.

-Le posso offrire un caffé?-

-No, grazie-

-Ma è sposata?-

-Sì-

-Felicemente?-

-Sì-

-E…-

Semaforo verde

La vie en rose,

che a volte gli oroscopi hanno ragione, è questione di pianeti e congiunzioni.

E,

congiunzione,

di due periodi.

-Io lavoro al ristorante giapponese, quello sul porto, la aspetto-

Le auto sfrecciarono via, mentre lei scosse il capo.

Quella sera tracciò con cura la linea sotto gli occhi, passò l’ombretto sfumando in angolo, disegnò le labbra, raccolse i capelli,

alti, sul capo.

Lasciò scivolare l’abito di seta sulla pelle,

la vie en rose,

profumi a gocce dietro l’orecchio,

ad aspettare sussurri.

Il porto si beava sul mare di quell’ora luminosa prima della sera.

Il sushi è pesce crudo, tipico della cucina giapponese, affacciata sul mare una candela si consumò.

La vie en rose,

des nuits d’amour

à plus finir

Gracìa passò la mano sullo specchio, per togliere via l’opaco di umidità creato dall’acqua della doccia, poi lasciò cadere l’accappatoio accanto ad un altro, nel disordine stropicciato di certi letti, il mattino dopo, che non hai dormito, ma la pelle ride e non serve la matita sotto gli occhi.

Importante una cintura, in vita, perché senza sarebbe come essere nudi…e nuda lo era stata tutta la notte, sulla discesa della via en rose,

e un coccodrillo, sulla maglietta…



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